Graphic Novel is Dead, la recensione del nuovo volume di Davide Toffolo
Pubblicato il 1 Marzo 2014 alle 12:31
A quasi 50 anni Davide Toffolo (cantante e fumettista, allievo tra gli altri di Andrea Pazienza) pubblica la sua autobiografia a fumetti, dagli Allegri Ragazzi Morti a Pasolini.
Graphic Novel is Dead
Autori: Davide Toffolo (disegni & storia), Alessandro Baronciani (colori)
Casa Editrice: Rizzoli lizard
Genere: Autobiografia
Provenienza: Italia
Prezzo: 16 Euro, 144 pp., colore, 17x24cm.
Data di pubblicazione: 15 Gennaio 2014
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Versione breve: siete fan di Davide Toffolo, dei Tre Allegri Ragazzi Morti? Questo potrebbe essere il libro che fa per voi, bootleg e contenuto extra di tutti i fumetti e le canzoni dell’artista di Pordenone. Non siete dei fan o la vostra conoscenza delle sue opere si ferma al (bel) Cinque Allegri Ragazzi Morti? Allora non sarà certo questo il libro, un’autobiografia che in teoria dovrebbe aiutarci a capirlo, che vi ci farà appassionare.
Il mio caso è il secondo. Ammiro Toffolo per avere non uno ma due talenti che lo hanno reso un figura importante nel panorama dell’intrattenimento italiano, ma ammetto di non essere andato oltre gli albi sul gruppo di zombie e la streghetta Lidia. Magari è questa mia ignoranza che non mi ha permesso di apprezzare Graphic Novel is Dead.
Il tema portante di questa autobiografia è la trasformazione di Davide Toffolo da autore a personaggio, realizzata appieno durante il Napoli Comicon del 2013 quando, nelle vesti dello “yeti” che interpreta sul palco, si mescola ai cosplayer/maschere per “prendere la vita, per farne letteratura e mostrarla al mondo”. Date le premesse poco convenzionali non mi aspettavo certo uno schema canonico nascita-vita-trasmissione delle lezioni imparate, e infatti non c’è. Si potrebbe definire uno zibaldone, annotazione di pensieri sparsi e fatti personali, ma purtroppo i pensieri sono spesso massime (sull’uso di internet, o sull’ambiente musicale) banali e un po’ presuntuose in sovrannumero rispetto alle poche informazioni personali fornite.
Così anche quelle emozioni che avrebbero potuto colpire il lettore come succedeva nei Cinque Allegri…, convogliate semplicemente dalla storia e dalla potenza dei personaggi, sono annacquate dall’eccesso di ricerca filosofica. Frasi che avrebbero potuto funzionare come titolo o ritornello sono fin troppo retoriche accompagnate dalle vignette e la programmata unione tra fumetto e canzone dà come risultato qualcosa di meno della somma delle sue parti. Anche la ricerca personale e intima dell’autore si perde, il Toffolo-personaggio costretto dalla costruzione del fumetto basata su tavole singole e frammenti a cercare in ogni evento una morale come l’animale parlante in una fiaba di Esopo.
Sul lato grafico il volume è caratterizzato dagli inserti fotografici (di Cecilia Ibañez) corredati da balloon che riportano le avventure dello “yeti” sul palco con la sua band e il viaggio a Napoli, momento topico del fumetto, in un’unione tra diversi linguaggi che è un’altra prova del tentativo fatto di fondere le varie anime dell’autore. Bellissimi i colori di Alessandro Baronciani, brillanti ed espressivi fin dalla copertina. A questo uso esteso del colore (e alle piccole dimensioni delle vignette) si può far risalire anche la scelta di un tratto semplificato da parte di Toffolo.
In conclusione, l’autore non è riuscito ad evitare uno dei più grandi pericoli delle autobiografie, ovvero l’autocompiacimento. Peccato.