Pompei – Recensione
Pubblicato il 25 Febbraio 2014 alle 23:31
79 d.C.. Lo schiavo celtico Milo viene condotto a Pompei per esibirsi come gladiatore. Il giovane e straordinario combattente s’innamora di Cassia, figlia del nobile Severus che l’ha però promessa in sposa al perfido senatore romano Corvus. Mentre il protagonista cerca di sopravvivere nell’arena, il Vesuvio è sul punto di eruttare sprofondando la città in un inferno di lava e cenere.
Titolo originale: Pompeii
Genere: Azione, avventura, drammatico
Regia: Paul W.S. Anderson
Interpreti: Kit Harington, Emily Browning, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Carrie-Anne Moss, Jared Harris, Kiefer Sutherland
Provenienza: USA, Germania, Canada
Durata: 105 min.
Casa di produzione: FilmDistrict, Constantin Film, Don Carmody Productions, Impact Pictures
Distribuzione (Italia): 01Distribution
Data di uscita: 20 febbraio 2014 (Italia), 21 febbraio 2014 (USA)
Tra un film di Resident Evil e l’altro, il regista inglese Paul W.S. Anderson trova il tempo di occuparsi di altri progetti come Pandorum, I Tre Moschettieri e quest’ultimo Pompei che rilegge in chiave peplum la tragedia occorsa nel 79 d.C. nella città campana sotto l’impero romano. Purtroppo, tutto ciò che Anderson si limita a fare è scopiazzare e mescolare pigramente Il Gladiatore con Titanic buttando dentro perfino L’uomo che sussurrava ai cavalli.
Kit Harington, uno dei protagonisti di Game of Thrones, è il gladiatore Milo il cui percorso narrativo non denota uno straccio di idea nuova. Oltretutto sia le sue origini raccontate nel prologo che la capacità di comunicare con i cavalli non avranno alcuna rilevanza nel prosieguo della storia. Il rapporto sentimentale con la bella Cassia, interpretata da Emily Browning (Sucker Punch), è la solita relazione contrastata tra lo schiavo e la nobildonna promessa al cattivo di turno che ha il volto di Kiefer Sutherland.
Jared Harris (Moriarty in Sherlock Holmes: Gioco di ombre) e Carrie-Anne Moss (la Trinity di Matrix) sono i genitori di Cassia, male utilizzati e liquidati in poche battute. Proprio come ne Il Gladiatore di Ridley Scott, il protagonista stringe una virile amicizia con un gladiatore nero che ha il fisico scultoreo di Adewale Akinnuoye-Agbaje (Lost, G.I. Joe e Thor – The Dark World).
Per più di un’ora il film offre solo una serie di combattimenti nell’arena privati, una volta tanto, degli stucchevoli rallenty a cui Anderson ci aveva abituati. Tutto scorre in maniera prevedibile e stucchevole. Se in Titanic la svolta finale era ovviamente dovuta all’iceberg, qui c’è l’eruzione del Vesuvio a trasformare gli ultimi venti minuti di pellicola in un disaster movie da quattro soldi, sostenuto da buoni effetti digitali ma privo di enfasi epica o drammatica.
Il film vorrebbe essere una riflessione sulla differenza tra il morire liberi o prigionieri ma il tema viene sviluppato in maniera superficiale e non si riesce ad affezionarsi ai personaggi poiché tutto è presentato in maniera succinta e raffazzonata. Troppo derivativo, nessuno spunto e tanta tanta noia.