La Seconda Generazione, la recensione del volume a fumetti sullo Shoah
Pubblicato il 28 Gennaio 2014 alle 10:31
Come si relaziona con il proprio padre il figlio di un sopravvissuto della Shoah?
La Seconda Generazione
Autore: Michel Kichka (testi & disegni)
Casa Editrice: Rizzoli Lizard
Provenienza: Belgio/Israele 2012
Genere: Autobiografico
Prezzo: 16 Euro, cartonato, 17×24, 112 pp., b/n
Data di Pubblicazione: 15 Gennaio 2014
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Quando si parla di fumetti (o graphic novel) e Shoah il pensiero va subito a Maus di Art Spiegelman. Nel caso di La seconda Generazione “l’ombra” di Maus è ancora più incombente, in quanto in tutte e due le opere al centro del racconto ci sono il figlio/disegnatore e il padre/sopravvissuto. Lo stesso Michel Kichka cita il fumetto di Spiegelman come ispirazione, e nel suo studio così come lo disegna ne campeggia un poster. Però il modo di trattare il rapporto tra padre e figlio e tra entrambi e l’Olocausto è decisamente opposto.
La storia de La Seconda Generazione è quella della famiglia dell’autore. La prima metà del volume è occupata dall’infanzia del piccolo Michel e dei suoi fratelli e sorelle, in cui ogni gesto fatto o luogo visitato rimandano all’esperienza del padre Henri nei campi di concentramento. Rimandi che Kichka già da bambino coglie spesso non grazie ai racconti del genitore (che fino a molti anni dopo non dirà mai nulla ai figli sulla sua esperienza ad Auschwitz e Buchenwald) ma alla lettura dei libri sul nazismo che suo padre raccoglieva e che per molto tempo saranno la sua unica fonte di informazioni. La svolta si ha con il suicidio del fratello minore di Michel, Charly; questo evento tragico spingerà padre e figlio (ormai a sua vota padre di famiglia) a cambiare: Michel si interrogherà sulla “sindrome della seconda generazione”, ovvero sui problemi dei figli dei sopravvissuti ai campi, mentre Henri diventerà uno dei più famosi testimoni della Shoah, come se la perdita del figlio avesse rotto la diga che teneva imprigionati i suoi ricordi e la sua storia.
A differenza di quanto avviene in Maus i percorsi di Michel e Henri non si incontrano come quelli di Art e Vladek: nella sua opera Kichki non racconta mai l’esperienza del padre, e quando Henri per la prima volta inizia a parlare del suo passato non lo ascolta, arrabbiato per la sua “pessima scelta di tempismo” (è in corso la veglia di Charly). Quello che a Michel interessa mostrare è la propria vita e quella di chi è stato schiacciato dalla sofferenza di genitori sopravvissuti all’Olocausto. A mettere in moto le riflessioni dell’autore è stato infatti un commento di un amico che si riferiva a Charly come a “un’altra vittima della Shoah”. Questo sentire come propria la tragedia che ha colpito il padre è il tema portante del fumetto e uno dei fattori che per qualche tempo allontanerà Michel e Henri: quest’ultimo si rifiuta di accompagnare il figlio a Buchenwald (di cui non ha mai parlato) da solo, spingendo perché prenda parte a una delle visite di gruppo ad Auschwitz a cui fa da guida. Michel sente infatti di essere trattato come uno dei tanti ragazzi che visitano i campi per “avere la dimostrazione che esistono” e non come uno che con essi ha dovuto convivere fin dal giorno in cui è nato. La frattura si ricomporrà solo nella catartica scena delle battute sulla Shoah scambiate da tutti i membri della famiglia, Henri compreso.
Dove Maus e La Seconda Generazione si somigliano (e hanno successo) è nel ritrarre i sopravvissuti come esseri umani, non entità mitiche contrapposte al male assoluto dei nazisti. Henri ha i suoi difetti così come li aveva Vladek, e il figlio non li nasconde; è singolare come i due uomini sembrino assomigliarsi anche nel deludere i figli/artisti: come Vladek aveva buttato i diari della moglie, possibili fonti di storie per Art (e ricordo della madre defunta) così Henri da via i libri sul nazismo che Michel consultava da bambino.
Sul lato tecnico, è sicuramente azzeccata la scelta dell’autore di mantenere il proprio stile di disegno umoristico (è vignettista per numerosi giornali) che aiuta a rendere più umani i personaggi e a trasmetterne la semplicità. Si tratta tuttavia di un fumetto da non leggere tutto d’un fiato: la frammentarietà degli avvenimenti, dispersi in diversi decenni, rende quasi necessario fare delle pause durante le quali, magari, informarsi e riflettere sui fatti storici appena letti. Come conclude l’autore, non è mai mai troppo tardi per ricordare. Cose che sembrano lontane nel tempo hanno conseguenze sulle nostre vite e su quelle di chi ci sta intorno, ed è bello che anche il medium fumetto faccia la sua parte per raccontarcelo. Specialmente quando lo fa in modo così riuscito.