Dodici di Zerocalcare, la recensione

Pubblicato il 10 Marzo 2014 alle 09:15

“Alle diciotto comincia il Giudizio Universale”, proclamava una voce tonante nel cielo di Napoli in un celebre film di Vittorio De Sica. Su Rebibbia, per il nostro Zerocalcare, il Giudizio inizia alle dodici mentre i morti camminano sulla terra invadendo il quartiere e, forse, il mondo intero. Ma, in fin dei conti, per il giovane fumettista romano, Rebibbia è il mondo intero, un microcosmo sul confine tra l’essere e il non essere.

Dodici

Autori: Zerocalcare (Testi e disegni), Sara Basilotta (Colori)

Casa Editrice: Bao Publishing

Genere: Umoristico

Provenienza: Italia

Prezzo: 13 euro

Data di pubblicazione: 15 ottobre 2013

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Nato nell’intimità del proprio blog e divenuto in fretta un fenomeno editoriale di proporzioni mastodontiche, Zerocalcare, nome d’arte dell’aretino Michele Rech, ci ha abituato a brevi, esilaranti storie autobiografiche di vissuto quotidiano raccontate in vignette comiche, talvolta agrodolci, nelle quali l’io interiore e gli stati d’animo dell’autore vengono rappresentati da personaggi della cultura popolare, perlopiù nerd.

Un mix di suggestioni e di linguaggi capace di intercettare il sentire di diverse fasce generazionali, dalla rappresentazione del tessuto socioculturale odierno alla nostalgia di quegli anni ’70-’80 durante i quali siamo cresciuti con i cartoni animati giapponesi (all’epoca non sapevamo si chiamassero “anime”) trasmessi dalle emittenti nazionali e locali, con i film di Indiana Jones e di Star Wars, con i Ghostbusters e le Tartarughe Ninja, con i videogames a 8-bit e con i classici di Topolino e Paperino.

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Dopo Un polpo alla gola, Zerocalcare si avventura in un altro racconto lungo chiamando in causa un’invasione di zombi, i mostri più in voga del momento, citando più volte ed esplicitamente The Walking Dead oltre all’immancabile Romero. Con uno spirito molto simile a L’Alba dei Morti Dementi, geniale pellicola surreal-demenziale dell’inglese Edgar Wright, la storia segue la lotta per la sopravvivenza dei protagonisti che si aggrappano con forza alle rispettive, sgangherate ma riconducibili filosofie di vita.

Per gran parte della vicenda assistiamo alle vicissitudini di Secco e Katja che si adoperano, insieme al sessuomane Cinghiale, per salvare l’amico Zerocalcare sospeso tra la vita e la morte. I rispettivi bagagli culturali vanno a cozzare in una serie di esilaranti battibecchi, lui nerd che segue la religione di Ken il Guerriero e si nutre di merendine scadute, lei ragazza new-age che crede nel karma e nel valore didattico di Peppa Pig. Il destino, la legge del contrappasso, è uno dei temi portanti della storia, il passato che torna a reclamare il conto convergendo nel presente proprio come le due linee temporali parallele che compongono la narrazione e il cui punto nodale è il destino del protagonista.

Qui entrano in gioco le scelte cromatiche della brava Sara Basilotta a conferire efficaci e differenti suggestioni ai disegni cartoon-style, deliziosamente caricaturali, di uno Zerocalcare in gran spolvero. La parte ambientata nel presente, con il protagonista in fin di vita, è in bianco e nero con dettagli rossi ad accentuare la componente splatter nelle scene action dinamiche e spassose che intervallano i dialoghi. I flashback, con Zerocalcare in azione, sono invece a colori. Di un blu gelido e straniante le parentesi riguardanti un funereo esattore fiscale che assumerà beffarda valenza allegorica nel finale.

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Si tinge di un malinconico rosa la rappresentazione più sentimentale di Rebibbia a cui l’autore si confessa profondamente legato. Il carcere, unica nota caratteristica del quartiere, diviene il perfetto, metaforico limbo in cui le anime giacciono sospese, in attesa, aggrappate ad un’esile speranza. Quando vivi in un luogo finisci per diventare quel luogo e Zerocalcare si fa estensione di Rebibbia, la fa pulsare di vita nonostante gli zombi, nonostante la rassegnazione, nonostante tutto.

Restando in tema di morti viventi, nel ’94 uscì nelle sale Dellamorte Dellamore, sottovalutato film di Michele Soavi tratto dal romanzo omonimo di Tiziano Sclavi da cui nacque Dylan Dog. Nel finale, Francesco Dellamorte e il suo assistente Gnaghi, guardiani di un cimitero infestato dai “ritornanti”, decidono di lasciare Buffalora, il loro paesello di provincia. Si troveranno però di fronte ad una strada interrotta, o meglio inesistente. Allora Dellamorte afferma: “Lo sospettavo. Il resto del mondo non esiste.” Un finale che sarebbe stato perfetto anche per questo Dodici.

Voto: 9

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