Capitan Harlock 3D – Recensione
Pubblicato il 9 Gennaio 2014 alle 17:16
In un futuro lontano o in un passato remoto, l’umanità ha colonizzato altri pianeti ma l’esaurimento delle risorse la costringe a tornare sulla Terra. Il nostro pianeta è però incapace di sopportare un così ingente rimpatrio e scoppia la cosiddetta guerra ComeHome mentre la struttura governativa Gaia Sanction dichiara la Terra luogo sacro e inviolabile. Tuttavia, un’immortale pirata spaziale continua ad avventurarsi nel cosmo depredando le navi da guerra della Federazione: il leggendario Capitan Harlock.
Capitan Harlock 3D
Titolo originale: Space Pirate Captain Harlock
Genere: Animazione, fantascienza
Regia: Shinji Aramaki
Interpreti (doppiatori): Shun Oguri, Haruma Miura, Yu Aoi, Ayano Fukuda, Toshiyuki Morikawa
Provenienza: Giappone
Durata: 115 min.
Casa di produzione: Toei Animation Company
Distribuzione (Italia): Lucky Red
Data di uscita: 7 settembre 2013 (Giappone), 1 gennaio 2014 (Italia)
Misterioso, taciturno, idealista e romantico. Creato da Leiji Matsumoto come protagonista di un manga che esordì nel 1976, Capitan Harlock è divenuto una delle icone più popolari tra le generazioni degli anni ’70-’80 grazie soprattutto all’anime che ne venne tratto e che esordì sui teleschermi italiani nel ’79. Da allora, il personaggio ha vissuto diverse incarnazioni animate fino a questo ambizioso lungometraggio in computer grafica e motion capture diretto da Shinji Aramaki, accolto in maniera piuttosto tiepida all’ultimo Festival di Venezia.
La rilettura apportata qui su Capitan Harlock è interessante. Il personaggio viene sottratto alla sua dimensione più umana ed elevato a mito irraggiungibile, figura temuta e rispettata dalla sua ciurma, estensione dell’astronave Arcadia, ammantato di quella Materia Oscura nella quale affondano le sue origini qui rivisitate per renderlo l’antieroe per eccellenza. Quando la leggenda lascia intravedere la sua cicatrice, scopriamo un uomo tormentato in un percorso di redenzione che culminerà in un passaggio di consegne, come già fatto da Christopher Nolan con Batman ne Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno.
Se Nolan ha però tenuto Batman sempre al centro del film, e della trilogia più in generale, accostandogli la figura dell’erede solo nel momento necessario, qui Aramaki fa il contrario e pone il giovane Yama al centro della storia. Si tratta di un membro della Gaia Sanction infiltrato a bordo dell’Arcadia subito smascherato da Harlock. Tra i due si instaura così un teso rapporto venato di reciproco rispetto.
Yama non è semplicemente il veicolo attraverso il quale le nuove generazioni possono guardare al mito di Harlock ma finisce per diventare il nuovo eroe e protagonista. In questo senso, il film fa il passo più lungo della gamba perché Yama non ha e non può avere lo stesso fascino del suo predecessore. Se la back-story di Harlock riguarda il destino dell’umanità intera, quella di Yama è invece una vicenda più intimista che lo pone in conflitto col fratello Ezra. Gli esiti saranno piuttosto scontati e la retorica sulla speranza con tanto di simbolismo bucolico si rivela alla lunga stucchevole.
Sul piano visivo il film è sontuoso e spettacolare, con momenti epici e suggestivi, minato purtroppo da un 3D privo di profondità che tende ad oscurare l’immagine. Lascia perplessa anche un’estetica che rifà il verso continuamente a Star Wars e strizza l’occhio a videogame di fantascienza di tendenza. Ad esempio, le corazze da guerra stile Space Marines che richiamano alla mente Mass Effect o Halo. Svuotata di molta della sua personalità anche Yuki Key, unica ragazza della ciurma di Harlock qui resa sexy eroina convenzionale.
“Un istante ripetuto nel tempo diventa eterno. E’ questa la libertà?” si chiede Harlock le cui gesta riverberano immortali nel tempo riflettendosi nel suo giovane successore per tramandarne il mito. Concettualmente avvincente se non fosse per l’esigenza di compiacere un pubblico di teenager che finisce per spingere da parte quello che dovrebbe essere il protagonista, fin troppo avvolto nell’oscurità.