Dragonero la Fortezza Oscura, la recensione del numero 4
Pubblicato il 18 Dicembre 2013 alle 11:30
Si conclude la frazione narrativa inaugurale della prima serie fantasy della Sergio Bonelli Editore.
Dragonero n. 4 – La Fortezza Oscura
Autori: Luca Enoch e Stefano Vietti (testi), Giuseppe Matteoni e Luca Malisan (disegni).
Casa Editrice: Sergio Bonelli Editore.
Provenienza: Italia.
Genere: Fantasy.
Prezzo: 3,30 Euro.
Data di pubblicazione: Settembre 2013.
Con “La Fortezza Oscura” si conclude la prima saga di Dragonero, la serie fantasy della casa editrice milanese creata da Luca Enoch e Stefano Vietti. La conclusione è affidata a una storia che fa della scorrevolezza la sua dote principale.
Dopo tre albi caratterizzati da ritmo più lento o dal mancato raggiungimento di un equilibrio tra azione ed eventi di contorno, finalmente con il quarto volume della collana questo equilibrio si trova, a tutto vantaggio della storia realizzata dal duo Enoch-Vietti.
“La Fortezza Oscura” è il miglio albo uscito fino a questo momento, corredato com’è da una parte grafica di grande rilievo grazie ad un’altra buona prova di Giuseppe Matteoni, questa volta coadiuvato da Luca Malisan.
Storia scorrevole, lo si diceva prima, ma al tempo stesso avvincente, nonostante il colpo di scena principale fosse chiaro già da qualche albo. Mancano, del resto, i battibecchi un po’ stucchevoli tra l’orco Gmor e l’elfa Sera, e l’azione domina l’albo che pur concede (il giusto) spazio ai ricordi e contribuisce ancor più a presentarci i personaggi della serie, che impariamo a conoscere sempre meglio in tutte le diverse sfaccettature del loro carattere.
E se sotto certi aspetti essi appaiono abbastanza convenzionali, questi primi quattro albi hanno comunque messo in evidenza la complessità di un mondo popolato da razze, clan, personaggi che sanno dire la loro, anche in un genere molto frequentato come è quello fantasy.
Insomma, analizzata nel complesso, questa prima frazione narrativa di Dragonero appare incoraggiante: nessun effetto speciale o picco narrativo, ma un lavoro che lascia intravedere un percorso lungo e intelligente di crescita per Ian Aranill e i suoi compagni.