Idol A 1, la recensione del nuovo manga di Mitsuru Adachi
Pubblicato il 29 Novembre 2013 alle 13:30
Solo in fumetteria, una particolare storia di scambi di identità e vestiario, ed esilaranti equivoci.
Idol A
Storia e Disegni: Mitsuru Adachi
Casa Editrice: Star Comics
Provenienza: Giappone 2005 (1 volume pubblicato)
Target: Shounen
Genere: Sportivo, commedia, gender bender
Prezzo: € 7,00, 14,5×21, B, 208 pp, b/n e colore, Sovracoperta
Data di pubblicazione: Luglio 2103
Azusa Satomi è un’adolescente molto popolare perché è un’ idol dei rotocalchi.È dotata di un grande talento nel giocare a baseball ma, in quanto donna, non può giocare nella squadra della sua scuola. Il padre, allenatore della squadra, escogita però un piano per permetterle di giocare. Il suo schema coinvolge Hirayama Keita, amico d’infanzia di Azusa, adolescente senza particolari doti. Keita somiglia ad Azusa come una goccia d’acqua e infatti, con una parrucca addosso e dei vestiti da ragazza diventa irriconoscibile persino agli occhi dei genitori che lo scambiano per Azusa. Per aiutare l’amica a realizzare il suo sogno (e quello di suo padre ) Keita accetta di scambiare i ruoli con lei durante le partite di basket. Azusa diventa così Keita e presto porta la squadra al successo, proiettandosi verso una carriera nel baseball professionista. Il vero Keita invece veste i panni un po’ scomodi e stretti dell’amica, rilascia interviste e si esibisce in improbabili stacchetti promozionali. Per quanto tempo potrà continuare questa farsa? Chi scoprirà per primo l’inganno?
Idol Ace di Mitsuru Adachi è una commedia un po’ pasticciata che non tratta nè di sport nè del luccicante mondo delle idol. Pensato come un siparietto degli equivoci a causa della somiglianza tra i due protagonisti il manga finisce per confondere il lettore al punto che lo scambio dei ruoli tende ad annullarsi, diventando impalpabile. Keita e Azusa entrano ed escono dai rispettivi abiti e mestieri così velocemente che il vero problema diventa distinguerli. Magari voluta, questa confusione non fa che scombussolare il lettore che dovrebbe avere il pallino del gioco al contrario dei protagonisti.
L’idea ammiccante e simpatica del gender bender è rovinata dal modo superficiale con cui sono trattati personaggi e storie, tanto da rendere dispersiva la lettura senza chiarire ciò che dovrebbe invece essere approfondito e restituendo due figure interscambiabili, come pezzi di un robot, senza alcuna peculiarità oggettiva. Un’occasionata mancata di sviluppare un genere, già trattato in modo più riuscito e malizioso da altri autori.
L’opera manca di un prologo di sostanza che introducendo il lettore alla vita e alle reali personalità di Keita e Azusa avrebbe reso più semplice districarsi nel loro continuo scambio. E se la trama langue nemmeno i disegni arrivano in soccorso. Il tratto e lo stile sono un tantino demodé e i particolari estetici tipici degli anni ’80. La somiglianza con i protagonisti di Touch, l’opera più famosa di Adachi, sempre edita da Star Comics, è innegabile, ma si ferma all’estetica dei personaggi.
Idol A sembra più un’opera forzata e incompiuta, dove l’autore non riesce a esprime il suo grande talento.
Il volume contiene anche un capitolo speciale auto conclusivo scritto da Mitsuru Adachi e Rumiko Takahashi: una sorta di racconto autobiografico dell’esperienze dei due mangaka prima di arrivare al successo.