Il pianeta dei morti, le ossessioni e il rilancio di Dylan Dog. Intervista ad Alessandro Bilotta

Pubblicato il 19 Novembre 2013 alle 14:00

Alessandro Bilotta sarà uno dei protagonisti della rivoluzione a cui sta andando incontro il personaggio di Tiziano Sclavi. Ma nel frattempo, con la trilogia de “Il pianeta dei morti”, ha già saputo riconquistare i lettori.

A pochi giorni dall’arrivo in edicola del ventiduesimo Dylan Dog Gigante, che tra le quattro storie presentate contiene anche “Il tramonto dei vivi morenti”, ultimo capitolo della trilogia de “Il pianeta dei morti”, abbiamo raggiunto l’autore, Alessandro Bilotta, per parlare di queste storie e del futuro dell’Old Boy.

MangaForever: Dopo due avventure ospitate nei Color Fest, arriva sul Gigante l’ultimo capitolo della trilogia del Dylan del domani, che però cronologicamente sta in mezzo alle altre due storie. Com’è stato lavorare a questa sorta di ciclo di “Altroquando”?

Dylan Dog Gigante 22Alessandro Bilotta: Il pianeta dei morti, la prima storia del ciclo uscita sul Color Fest numero 2, avrebbe dovuto essere la prima e ultima, ma visto il riscontro ottenuto, siamo andati avanti.

Quello che i lettori hanno dimostrato di apprezzare è stato il fatto che si respirasse un’atmosfera da prime storie. In effetti l’idea originaria è nata pensando che Dylan Dog fosse ormai lontano da quelle che considero le sue caratteristiche, soprattutto c’erano molte regole per una serie che per definizione non avrebbe dovuto averne.

Così ho pensato che spostare il personaggio nel futuro avrebbe potuto consentirmi di creare una situazione eccezionale in cui provare a sviluppare dei temi e delle atmosfere che sul mensile a quel tempo erano da evitare.

Visto l’entusiasmo col quale è stata accolta la prima storia ambientata nell’ipotetico e oscuro futuro, che tra l’altro ha dato il là alla realizzazione dei due prequel pubblicati quest’anno, pensi che scrivere cicli narrativi magari scollegati dal tracciato per così dire regolare del personaggio possa essere una delle direzioni che la testata deve prendere nel suo tentativo di rilancio?

Non credo. Produrre un numero eccessivo di storie alternative renderebbe meno straordinarie queste operazioni e sarebbe un’implicita resa all’idea che il personaggio non ha più molto da dire. Penso al fumetto americano dove di questi progetti secondo me si è abusato. Il rilancio dovrebbe partire da un’accurata riflessione su Dylan Dog, dalle risorse infinite che ha una serie che parla di paure e ossessioni che esisteranno finché esisterà la razza umana. È fondamentale, certo, che Dylan Dog sia accordato col presente, e mi sembra proprio questa la strada che si sta intraprendendo.

Con il Dylan Dog Gigante si conclude il ciclo di tre avventure partito nel 2008 con “Il pianeta dei morti”. Una trilogia pubblicata in anni difficili per l’Indagatore dell’Incubo, che sembra aver smarrito il proprio spirito originale nonché l’entusiasmo di parte dei lettori. Anche dal tuo punto di vista hai avvertito questo allontanamento e questa disaffezione?

È difficile tastare il polso del pubblico. Dylan Dog era tutt’uno con il proprio creatore Tiziano Sclavi e quando lui ha smesso di occuparsene direttamente, il personaggio ha assunto tante forme quanti sono gli autori che lo hanno scritto. La serie racconta i grandi incubi della vita ed è tanto più efficace quando chi la scrive riesce a riversarci parte di sé, le proprie ossessioni. Penso che questo negli anni sia venuto a mancare ed è una cosa di cui si è consapevoli e credo influenzerà il nuovo percorso.

La strada per la vera e propria rivoluzione del personaggio è appena iniziata, e si concretizzerà a partire da ottobre 2014. Visto che una tua storia dopo quella data è già in cantiere, che sensazioni si provano lavorando a un personaggio storico in una fase decisiva della sua vita, che provocherà innegabili cambiamenti?

La mia sensazione e che tutti gli autori siano concentrati sugli elementi che saranno fondamentali per far fare a Dylan Dog quel passo evolutivo che è mancato e che forse lo ha portato un po’ fuori dal tempo, facendogli perdere quelle caratteristiche che lo rendevano indispensabile a chi lo leggeva nei suoi anni d’oro. Anche se calato in storie fantastiche o surreali, il Dylan Dog di Tiziano Sclavi riusciva a scattare una fotografia estremamente realistica del mondo. Io credo che noi stiamo cercando di ritrovare quella capacità. Questo non significherà cambiare il personaggio, ma recuperare questi straordinari elementi che contiene al suo interno.

Ora che è terminata, è in previsione un volume che ristampi l’intera trilogia del Pianeta dei Morti?

Non è stato ancora preso in considerazione, quindi non posso confermarlo, ma neanche escluderlo del tutto.

A Lucca è stato rivelato che una collana dell’Indagatore dell’Incubo sarà ambientata nella realtà immaginata da te per “Il Pianeta dei Morti”. Ci sarà una continuity in queste avventure annuali?

Sì, come sono in continuity le tre storie già uscite. Il mio obiettivo è di raccontare non solo delle trame che si sviluppino nel tempo, ma anche i personaggi nella loro evoluzione. Il procedimento che ho seguito in Valter Buio è quello che trovo più congeniale.

Sei già al lavoro su queste storie, e in generale, su cosa stai lavorando al momento?

Sono al lavoro sul primo degli episodi del Dylan Dog cinquantenne, ne sto scrivendo altri per la serie regolare e sono ancora molto concentrato su Le Storie della Bonelli. Nello stesso momento, insieme a Paolo Martinello stiamo realizzando una graphic novel con cui vorremmo fare un affresco della Roma contemporanea, la città in cui vivo e che è ancora la protagonista principale delle mie aspirazioni narrative. Per Il Giornalino continuo a portare avanti i “Corsari di classe Y”, la serie creata da me e da Oskar.

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