Cartoline dal Lucca Comics & Games 2013

Pubblicato il 18 Novembre 2013 alle 14:00

Abbiamo voluto affiancare al reportage sul Lucca Comics & Games alcune “cartoline”, delle istantanee a cui abbiamo associato quei brani di cantautori italiani che ci sono sembrati i più appropriati per rendervi partecipi delle nostre sensazioni legate a questi momenti.

Accanto a noi, davanti a GIPI, c’è un ragazzo francese (probabilmente di origine africana) che con un sorriso brillante e contagioso guarda l’autore con ammirazione mentre questi gli personalizza una copia del suo ultimo lavoro, “unastoria”.

È un suo grande fan, e non glielo nasconde, mentre GIPI è quasi imbarazzato quando gli viene chiesto di posare insieme per una foto.

Questo ragazzo caccia dalla borsa un taccuino con i suoi acquerelli per mostrarglieli, e lui con estrema sincerità gli fa i complimenti (veri, ve l’assicuro), consigliandogli anche che tipo di carta e che altri strumenti usare per valorizzare al meglio i suoi lavori.

Si stanno per salutare, stretta di mano, foto ricordo, ma il giovane che ha incontrato il suo idolo non vorrebbe andarsene. Allora GIPI gli dice: “dai, andiamoci a prendere un caffè, ti do qualche altro consiglio”, si scusa in anticipo con noi che eravamo lì in fila e vanno via.

Vedete, noi eravamo lì ad attendere, ma il fatto che lui si sia allontanato, non ci ha infastidito per niente, perché un atto del genere, di passione e di umanità, coinvolge tutti quelli che stanno attorno. Tornato al tavolo è il nostro turno, e su richiesta comincia a schizzare con il pennino una figura di donna girata di spalle. Ad un certo punto si ferma, la guarda e fa: “mmm, solo così non funziona… ma sì, chi se ne frega!” sfodera gli acquerelli e lo completa così.

Per un attimo lo avrà attraversato la consapevolezza che, così facendo (tirando fuori gli acquerelli), sarebbe rimasto del tempo in più per smaltire i volumi in attesa di dedica, ma non più di attimo ha impiegato a decidere di farlo lo stesso semplicemente perché il disegno realizzato fino a quel momento non lo soddisfaceva fino in fondo esteticamente. Se questo non è avere un animo da artista allora non so che cos’altro lo sia.

Sogna, ragazzo, sogna – Roberto Vecchioni

arte-della-felicita

Quando ho letto, negli scorsi mesi,

che Alessandro Rak (che ho conosciuto in una passata edizione del Napoli Comicon insieme ad Andrea Scoppetta, con il quale ha lavorato spesso) stava realizzando un film d’animazione ambientato nella città dove sono nato e poi che lo aveva terminato e che stava per portarlo in sala, ne sono subito stato entusiasta. Conoscendo sia lui che altre persone che hanno lavorato al progetto sapevo che sarebbe stato un prodotto di qualità.

A parte il film, che a mio avviso è molto ben fatto, dalla sceneggiatura, all’alternanza di stili nell’animazione, ai dialoghi, alle musiche, quello che sorprende e affascina di questo lavoro è la sua storia: un’idea, un desiderio, una visione che accomuna l’autore e regista Rak a Luciano Stella (produttore, nonché proprietario di alcuni cinema di Napoli).

L’idea di portare sul grande schermo una storia positiva, una storia che commuove e che fa sperare, che dipinge una città (che è anche la mia città) e la racconta, cogliendone per molti versi l’essenza, attraverso le vite e i racconti dei personaggi che si avvicendano, da clienti e non, nel taxi di Sergio, il protagonista.

Apprendere, dalle parole di Alessandro, di come quest’opera si sia modificata nel corso del tempo a seconda delle risorse di cui si disponeva e di ciò che fosse maggiormente “fattibile” (in termini di tempo e budget); di come sia figlia di un team che si è formato a poco a poco, che ha saputo integrare le diverse abilità di ognuno creando un lavoro eterogeneo ma armonico e che ha perseverato nel proprio obiettivo malgrado le avversità che tutti conosciamo, dalla scarsità di fondi alle complessità del sistema distributivo; apprendere tutto questo e constatare che, nonostante tutto, sia venuta alla luce un’opera così bella, così intensa, che essa stessa è un simbolo della magia e della meraviglia della vita e della forza di chi, in questo Paese, ancora resiste, persevera e lotta per realizzare un progetto (o forse un sogno) a cui tiene davvero.

Se, come dice il dj apocalittico del film, in Italia continueranno ad esserci grandi pianisti che portano il taxi e grandi menti che servono ai tavoli oppure emigrano per trovare lavoro, invece di lottare per il mondo che vorrebbero, nulla cambierà mai. Eppure il cambiamento è possibile, ma solo prendendo piena coscienza di sé, seguendo i propri sogni, affrontando i propri timori ed imparando, ancora una volta, a guardare il cielo.

Se ancora non l’avete fatto, andate a vedere l’Arte della felicità. Ci vediamo in sala dal 21 novembre, io ho già voglia di rivederlo.

Anime Salve – Fabrizio de André (io preferisco la versione con Ivano Fossati)

bao

Siamo stati allo stand Bao Publishing praticamente tutti i giorni,

perché c’erano davvero tanti autori per i quali valeva la pena ritornare a più riprese. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con loro in italiano, inglese, francese e spagnolo, mentre ci personalizzavano un volume o ci realizzavano, con grande generosità, un disegno secondo le nostre richieste.

Lasciando un attimo da parte l’altissimo livello delle loro pubblicazioni, questa è una casa editrice che, più di molte altre anche più anziane e maggiormente consolidate, ha saputo mettere nuovamente al centro il rapporto, anche personale, con i lettori.

Non è un caso che, tra gli annunci fatti alla conferenza tenutasi nel corso del Lucca Comics & Games, ci sia una serie di incontri su Hangout a cui parteciperanno gli autori Bao ed alcuni fortunati lettori.

Questo approccio che mi piace definire “etico” si riflette anche nel rapporto con gli autori, che sembrano condividere con il proprio editore alcuni valori, tra cui l’affabilità, la gentilezza, la generosità, la passione e la capacità di sognare.

Ciò risulta lampante se si colgono gli sguardi, gli scambi di battute e perfino le gag tra costoro e lo staff, che dimostrano un affiatamento ed un feeling speciale.

Quest’anno più che mai abbiamo conosciuto autori che, prima ancora di essere dei talentuosi professionisti, sono delle belle persone. Persone con cui ti piacerebbe cenare, condividere delle opinioni e confrontarti. Persone appassionate e appassionanti. È davvero un’esperienza arricchente, non solo leggere i loro libri, ma anche, semplicemente, conoscerli, scambiarci poche parole o soltanto un sorriso, durante il tempo di una dedica.

È il caso di Abhishek Singh (Krishna), di Sualzo (Fermo), di Luca Genovese (Beta), di Stefano Simeone (Ogni piccolo pezzo), di Alberto Madrigal (Un lavoro vero), di Alessandro Baronciani (Baronciani Raccolta), di Terry Moore (Strangers in Paradise, Echo, Rachel Rising), e di Steve Dillon (Il Nao di Brown), per citare quelli con cui, nello specifico, ci siamo intrattenuti quest’anno.

Anche con loro, continuiamo a sognare.

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I treni a vapore – Ivano Fossati

Dal mio punto di vista

imbuto il mondo della ristorazione e quello del fumetto si assomigliano.

In primo luogo perché molti di quelli che ne fruiscono non sono necessariamente dei gran conoscitori di ciò con cui hanno a che fare.

Esiste gente che declama la pizza milanese di “Spontini” (che è il cibo più tossico ed indigesto che abbia mai mangiato, e io sono uno che ha mangiato un kebab in strada a piazza Jema‘a al-Fnaa a Marrakech) e persone che usano la margarina perché “fa meno male del burro” e l’olio di semi di girasole “perché è più leggero dell’olio d’oliva”.

Allo stesso modo c’è chi definisce “capolavori” dei fumetti che secondo me non valgono nulla, o trova “particolari” stili di disegno che sono semplicemente brutti. È vero che sono gusti, e dei gusti non si discute, ma del buon gusto sì (e pure dell’ignoranza, ma solo nella misura in cui ciò serve per diffondere un po’ di cultura).

In secondo luogo perché i ristoranti di alto livello vengono guardati con quel pregiudizio, spesso immeritato, che alberga nelle frasi “non mi convince la nouvelle cuisine, perché vuol dire che si mangia poco e si spende tanto”, e, la mia preferita, “non concepisco di spendere tutti questi soldi per il cibo“. Insomma, ogniqualvolta racconto del valore della cucina di alto livello mi sento addosso gli stessi sguardi di quando cerco di spiegare il valore artistico o culturale di un’opera a fumetti.

Inoltre la cucina è anche cultura, come cultura è il fumetto. La conoscenza degli alimenti e dei loro abbinamenti non è molto dissimile da quella delle tecniche di sceneggiatura e di accostamento dei colori. Allo stesso modo, a certi livelli, la cucina ed il fumetto sono forme d’arte nella misura in cui esperienza ed estro, abilità e creatività si fondono, e le conoscenze tecniche sublimano il tutto in qualcosa di bello (e, nel caso della cucina, anche di buono).

Cultura e arte fruibili a diversi livelli perché i nostri sensi, alla fine, ci portano nella giusta direzione.

Dopo averlo scoperto solo l’ultimo giorno lo scorso anno (il che ci ha lasciato con l’amaro in bocca), stavolta abbiamo prenotato prima di partire un tavolo a L’Imbuto, ottimo ristorante con sede all’interno del Lucca Center of Contemporary Art nel quale si compenetra, offrendo agli avventori un ambiente originale ma accogliente.

Ci hanno davvero sorpreso Cristiano Tomei (in cucina) e la moglie Laura (in sala) con diverse portate “a sorpresa”. Una formula devo dire audace (è un fatto più unico che raro che in ristoranti di pari livello sul menù non siano espressamente indicati i piatti disponibili) ma che stimola la curiosità, ingrediente fondamentale, a mio avviso, dell’esperienza enogastronomica.

Abbiamo mangiato in maniera eccellente, dal’”hamburger” di ricciola cruda con maionese all’olio extravergine di oliva e pomodoro, ai ravioli ripieni di un’emulsione di olio e parmigiano con seppioline, dal manzo su corteccia di pino e bucce di patata croccante alla crema catalana aromatizzata al tabacco.

Come spesso ci succede siamo gli ultimi a finire di cenare, quando il ristorante sta già quasi per chiudere, e ci intratteniamo a parlare con Cristiano e Laura, persone affabili e piacevoli.

Si discute di tanti argomenti, e ci raccontano la loro storia, una storia fatta dei meravigliosi casi della vita e dell’infinita dedizione e passione che hanno messo in questo progetto (del quale il trasferimento a Lucca del ristorante è solo l’ultima, in ordine cronologico, delle tappe) e che devo dire ci era stata ben chiara già dal primo sguardo, dal primo assaggio.

Ci partecipano di quella che è diventata anche una battaglia contro l’indifferenza, l’ignoranza ed il pregiudizio, di questo sia per loro, oltre che un lavoro, una specie di missione che parte dai bambini nelle scuole e (non) finisce ai tavoli de L’Imbuto.

Ancora una volta, nei giorni del Lucca Comics & Games, facciamo la conoscenza di persone straordinarie che quotidianamente contribuiscono al rilancio questo Paese.

La canzone dell’appartenenza – Giorgio Gaber

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