Il Blu È Un Colore Caldo – Recensione Rizzoli Lizard
Pubblicato il 10 Novembre 2013 alle 12:00
Rizzoli/Lizard propone una graphic novel intimista che ha ispirato il film La Vita di Adéle, vincitore del Festival di Cannes: Il Blu E’ Un Colore Caldo. E’ possibile amare in un mondo tormentato dai pregiudizi? Ce lo spiega Julie Maroh.
Il Blu E’ Un Colore Caldo
Autore: Julie Maroh (testi e disegni)
Casa Editrice: Rizzoli/Lizard
Genere: Intimista
Provenienza: Francia
Prezzo: € 16,00, 17 x 24, pp. 160, col.
Data di pubblicazione: ottobre 2013
Leggi l’anteprima 20 pagine
Da diverso tempo in Italia si lamenta la mancanza di una legge contro l’omofobia e anche nelle ultime settimane il dibattito è ricominciato, considerando che discriminazioni e aggressioni nei confronti dei gay hanno raggiunto un livello preoccupante. Se poi prendiamo in considerazione i numerosi suicidi di adolescenti maltrattati e vessati a causa del loro orientamento sessuale ci si rende conto che la situazione è di autentica emergenza, malgrado la presenza molesta di ipocriti e moralisti d’accatto legati agli ambienti cattolici più bigotti e retrivi che si ostinano a negare la realtà.
In Francia il contesto non è migliore e di ciò ne è consapevole Julie Maroh, autrice rivelazione messasi in luce con Il Blu E’ Un Colore Caldo, adattato al cinema da Abdellatif Kechiche che con il suo La Vita di Adéle ha vinto il Festival di Cannes. La protagonista della storia è Clémentine, detta Clem, quindicenne che frequenta le superiori e non è dissimile dalle coetanee. La sua vita si svolge tra casa, scuola e qualche uscita con la comitiva. Alcuni ragazzi la guardano con interesse e nel complesso ha un’esistenza tranquilla.
Ma un giorno per strada nota una ragazza più grande. Ha i capelli tinti di azzurro (e questo colore, come è facile intuire dal titolo, predomina nel corso della vicenda) e qualcosa in lei la colpisce. Per una serie di circostanze le due fanno amicizia e Clem capisce che Emma, questo il nome della giovane, è gay. In principio la cosa non la sconvolge ma le amiche di punto in bianco la respingono, considerandola lesbica. La scuola quindi diventa un incubo e l’isolamento è opprimente. Per giunta, Clem si sente confusa. Lei non è attratta dalle persone del suo stesso sesso e non trova giusto essere discriminata; ma non riesce a spiegarsi per quale ragione non è riuscita a fare l’amore con il ragazzo che la corteggiava; e non si trattava solo di paura; non provava desiderio. Come mai? E perché non può fare a meno di pensare ad Emma, di vederla, di frequentarla?
Clem scrive le sue riflessioni in un diario nel tentativo di comprendere ciò che sta provando. E a un certo punto arriva a una conclusione: è innamorata di Emma e quest’ultima la ricambia. Indipendentemente da tutto, le due si mettono insieme. Ma è proprio allora che le cose si complicano. E’ possibile per due ragazze amarsi tranquillamente se le famiglie non accettano l’omosessualità, la scuola è piena di omofobi e la società intera tende a discriminare, offendere e maltrattare i gay?
Senza spoilerare, specifico che non ci sarà un lieto fine. Julie Maroh, con il pretesto di una love story delicata, ha descritto uno spaccato della società francese non diverso da quello italiano. Gli intenti dell’autrice sono lodevoli e la denuncia dell’omofobia da applaudire. Tuttavia, l’opera non è priva di difetti. Maroh opta per uno stile narrativo poetico ed elegante ma con un eccesso di sdolcinatezza che rende stucchevoli diverse pagine e un elemento di leziosità che non giova alla narrazione. Inoltre, si concede troppi cliché e i personaggi risultano stereotipati. Abbiamo quindi l’adolescente insicura e confusa; la lesbica mascolina e aggressiva; il ragazzo bisex sfrontato; l’amico del cuore affettuoso e servizievole; i genitori freddi e intransigenti e così via. Da questo punto di vista, l’opera manca quindi di originalità ed è risaputo pure il binomio Eros/Thanatos che la Maroh utilizza in maniera banale.
Ci sono anche momenti intensi come, per esempio, quello in cui l’amica del cuore di Clem la respinge, offendendola. Ma la trama non emoziona più di tanto. L’aspetto grafico è pregevole e l’autrice insiste sui colori tenui, evanescenti, perfetti per l’atmosfera intimista del volume, con una buona costruzione della pagina e un’efficace caratterizzazione visiva dei personaggi. Il Blu E’ Un Colore Caldo va segnalato più che altro per la denuncia dell’omofobia poiché se al posto delle due ragazze ci fossero stati un uomo e una donna avremmo letto una storia d’amore qualsiasi e priva di motivi di interesse.