La Vita di Adele – Recensione

Pubblicato il 31 Ottobre 2013 alle 13:29

Adele è un’adolescente qualunque che vive una quotidianità ordinaria priva di sussulti, tra la scuola, le compagne, la famiglia e gli approcci con l’altro sesso. La sua esistenza cambia quando incontra Emma, un’emancipata ragazza dai capelli blu attraverso la quale riuscirà ad esplorare un nuovo lato della propria sessualità e potrà raggiungere la piena maturità.

La Vita di Adele

Titolo originale: La Vie d’Adèle
Genere: Drammatico, erotico
Regia: Abdellatif Kechiche
Interpreti: Adèle Exarchopoulos, Lea Seydoux, Salim Kechiouche, Jérémie Laheurte
Provenienza: Francia, Belgio, Spagna
Durata: 179 min.
Casa di produzione: Quat’sous Films, Wild Bunch, France 2 Cinéma, Scope Pictures, Vértigo Films, RTBF, Canal+, Cine+
Distribuzione (Italia): Lucky Red
Data di uscita: 9 ottobre 2013 (Francia), 24 ottobre 2013 (Italia)

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Arriva in Italia La Vita di Adele, il nuovo film del tunisino Abdellatif Kechiche, vincitore della Palma d’Oro all’ultimo Festival di Cannes la cui giuria era presieduta da Steven Spielberg. Kechiche si era già messo in luce con ottime prove precedenti tra cui Tutta colpa di Voltaire, Leone d’Oro al Festival di Venezia 2000 per la Miglior Opera Prima, e Cous Cous, Leone d’Argento 2007. La Vita di Adele è un adattamento piuttosto fedele della graphic novel Il Blu è un Colore Caldo della francese Julie Maroh, edita nel 2010.

Il fumetto ha un tono piuttosto tragico. La giovane Emma è provata dalla morte della compagna Clementine, scomparsa a causa della dipendenza da antidepressivi. Leggendo il diario dell’amata, ripercorriamo l’adolescenza di Clementine e la sua storia d’amore con Emma. Tutto il lungo flashback viene raffigurato dalla Maroh in bianco e nero ricorrendo al colore blu solo per alcuni dettagli tra cui la maglietta di Thomas, un ragazzo col quale Clementine tenta invano di instaurare un rapporto sentimentale, e i capelli di Emma, la ragazza di cui s’innamorerà davvero.

Kechiche ha optato per una trasposizione fortemente realistica, con l’uso di handycam e tanta improvvisazione. La protagonista qui si chiama Adele, anziché Clementine, per favorire l’immedesimazione dell’omonima giovane attrice Adèle Exarchopoulos mentre Lea Seydoux interpreta Emma. La loro performance è talmente straordinaria che, per la prima volta nella storia del Festival di Cannes, la Palma d’Oro non è stata consegnata solo al film ma anche alle due interpreti.

Tenendo fede al titolo della pellicola, il regista segue passo per passo la quotidianità di Adele tenendole incollata addosso la telecamera (un po’ come Aronofsky ha fatto con Natalie Portman ne Il Cigno Nero). Viviamo insieme a lei l’iniziale disagio nel vivere la propria identità eterosessuale che si trasforma poi in turbamento per le prime pulsioni omosessuali nei confronti di Emma. Segue la presa di coscienza, l’accettazione di sé fino alla maturazione e all’emancipazione finale.

A rendere complicata la relazione tra le due ragazze è la differente estrazione sociale. Adele, timida, vuol diventare maestra e viene da genitori proletari che difficilmente accetterebbero l’omosessualità della figlia. Emma, estroversa, è una pittrice che proviene da una famiglia borghese di mentalità più aperta. Il punto d’incontro tra le due avviene attraverso l’arte e la cultura, tra dipinti, sculture, letteratura, musica e cibo.

Il film ha destato scandalo per le scene di sesso esplicite, prolungate e ripetute ma mai gratuite o offensive. Le sequenze, già di per sé incuranti di qualsiasi perbenismo ipocrita, seguono l’esplorazione da parte di Adele di una sfera sessuale che le è ancora sconosciuta e, attraverso Emma, giunge alla piena, consapevole e libera espressione fisica ed emotiva del suo intimo.

Le tre ore di film volano via nel raccontare il rito di passaggio di Adele, da ragazzina a donna, senza un’inquadratura che sia facoltativa e fotografa anche diversi spaccati di vita sociale francese. Forse qualche arco narrativo viene lasciato a metà. Le compagne di scuola di Adele che la attaccano quando sospettano la sua omosessualità o i suoi genitori che non ne sanno nulla vengono abbandonati nel corso della narrazione e verrebbe voglia di conoscerne la sorte. Il titolo completo del film, La Vita di Adele – Capitoli 1 & 2, ha fatto pensare ad eventuali sequel. Il regista ha spiegato invece che il film vuole semplicemente fotografare solo i primi due capitoli della vita della protagonista poiché non sa cos’accadrà dopo.

Il film è un assoluto capolavoro. Struggente, delicato, appassionato e coinvolgente. Qualunque sia l’identità sessuale e sociale dello spettatore, è impossibile non empatizzare con Adele ed è difficile immaginare miracolo cinematografico più grande. Il miglior cinecomic dell’anno.

Voto: 9

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