Thor Vikings – Max Best Seller – Recensione Panini Comics
Pubblicato il 8 Ottobre 2013 alle 15:00
Cosa succede quando uno dei più classici personaggi della Marvel finisce nelle mani dell’irriverente Garth Ennis? La risposta è Thor Vikings, produzione Max violenta ed eversiva con protagonista il Dio del Tuono, scritta dall’autore di Preacher e illustrata da Glenn Fabry!
Max Best Seller n. 2 – Thor Vikings
Autori: Garth Ennis (testi), Glenn Fabry (disegni)
Casa Editrice: Panini Comics
Genere: Supereroi
Provenienza: USA
Prezzo: € 5,50, 17 x 26, pp.128, col.
Data di pubblicazione: settembre 2013
Quando nei lontani anni sessanta Stan Lee inventò Thor, non lo inserì in contesti narrativi fantasy, malgrado fosse mutuato dalla mitologia nordica. In principio infatti il Dio del Tuono doveva essere una specie di Superman versione Marvel e nei primi episodi il biondo asgardiano affrontò minacce che non avrebbero sfigurato in un albo dell’Uomo d’Acciaio e, con l’unica eccezione del perfido Loki, non c’era nulla che potesse far pensare agli antichi miti. In seguito però il Sorridente si rese conto che esisteva un vasto pantheon di divinità da utilizzare e Mighty Thor, grazie alle matite incantate del Re Jack Kirby, divenne uno dei mensili più amati della Casa delle Idee, caratterizzato da un riuscito mix di fantasy, science-fiction e stilemi supereroici.
Nel corso dei decenni il comic-book di Thor non è cambiato (tranne quando ad occuparsene fu il grande Walt Simonson che rivoluzionò la serie) e il Dio del Tuono, al di là delle differenti prospettive che i vari autori hanno utilizzato, è sempre stato invincibile, coraggioso, valoroso e anche un po’ sbruffone e pieno di sé. Di conseguenza, coloro che leggeranno Thor Vikings, miniserie della linea for mature readers Max, forse storceranno il naso. Sicuramente lo faranno i puristi affettuosamente legati alla concezione classica di Thor.
Non c’è da stupirsi poiché a scriverla è Garth Ennis, il trasgressivo e irriverente autore di Preacher, The Boys e altri gioielli, e la miniserie fu pubblicata nel periodo iniziale della gestione di Joe Quesada. L’allora editor in chief della Marvel si pose l’obiettivo di modificare radicalmente i comic-book dell’etichetta, ricorrendo ad autori iconoclasti come lo stesso Ennis, Peter Milligan, Grant Morrison e così via. Quesada intendeva attirare l’attenzione del pubblico anche con provocazioni capaci di indispettire i Marvel fans tradizionalisti.
Thor Vikings appartiene a questo tipo di prodotti. La story-line di Ennis, peraltro molto violenta (e perciò fu inserita nella linea Max), inizia ai tempi dei vichinghi. Un gruppo di spietati guerrieri nordici si rende colpevole di una strage e uno dei sopravvissuti lancia loro una maledizione, condannandoli a navigare per mille anni. E così accade. I vichinghi, ormai nella condizione di morti viventi, dopo un viaggio secolare raggiungono la terra ferma.
Si ritrovano nella New York contemporanea popolata dai supereroi. Ciò non sembra intimidirli e i vichinghi decidono di fare quello che sanno fare meglio e cioè uccidere e conquistare. Di conseguenza, la Grande Mela subisce l’assalto di un manipolo di guerrieri zombi con esiti devastanti. Solo il Dio del Tuono potrebbe avere la capacità di fermarli. Ma è davvero così? Se si trattasse di una storia di Thor qualsiasi, la risposta sarebbe affermativa. Ma questa è di Ennis: esagerata, sopra le righe, eccessiva. E il Thor versione Ennis è tutto tranne che invincibile.
Senza curarsi di maltrattare un’icona del fumetto americano, Ennis mette Thor alla berlina, facendogli fare figure penose. E non è lui il vero protagonista della miniserie e il suo ruolo, a conti fatti, non risulta determinante. Lo stesso vale per i Vendicatori che appaiono in una sola, misera vignetta, e francamente non sembrano la squadra di supereroi più potenti della terra. New York viene salvata dalle astute magie del Dr. Strange e da un trio di individui provenienti da diverse epoche: una guerriera nordica, un cavaliere inglese e un pilota tedesco della seconda guerra mondiale. Thor Vikings è ovviamente fuori continuity ed anche per questo Ennis si è potuto prendere libertà impensabili.
L’opera è valida ed è una presa in giro dei supereroi maestosi, coraggiosi e a tratti inconsapevolmente ridicoli. Con l’acre sarcasmo che lo contraddistingue, Ennis sbeffeggia quindi Thor, il suo modo di fare, il suo linguaggio e così via; e fa lo stesso con Stephen Strange, descritto come un uomo flemmatico e dal senso dell’umorismo mordace. Thor Vikings è anche una metafora della società americana post-undici settembre e la New York invasa e semidistrutta dai vichinghi è un’allusione al senso di timore collettivo suscitato dal crollo delle Torri Gemelle (c’è un preciso riferimento a quella tragedia). Inoltre, incorreggibile come sempre, Ennis si concede di sfottere Bush con un dialogo alla Casa Bianca che ricorda certi momenti di Preacher.
La trama è un mix di supereroi, fantasy, suggestioni belliche (si sa che Garth ama le war stories) e horror e Thor Vikings funziona. A disegnarla c’è Glenn Fabry, acclamato cover artist di Hellblazer e Preacher, che in questa occasione non ricorre allo stile pittorico da molti amato; ma realizza comunque un buon lavoro, rappresentando con un tratto realistico e accurato, valorizzato dai colori del grande Paul Mounts, gli orrori partoriti dalla mente deviata di Ennis. Insomma, Thor rimane una delle colonne del Marvel Universe. Ma in questo albo non si direbbe proprio. Vale la pena leggerlo, però.