Lot 13 di Steve Niles – Recensione Lion Comics
Pubblicato il 9 Settembre 2013 alle 16:00
Cosa succede quando una tranquilla famiglia americana rimane coinvolta in un orrore collegato a terribili eventi del passato? Ce lo spiega Steve Niles con la miniserie Lot 13, illustrata dal mitico copertinista di Preacher, Glenn Fabry.
Lot 13
Autori: Steve Niles (testi), Glenn Fabry (disegni)
Casa Editrice: RW-Lion
Genere: Horror
Provenienza: USA
Prezzo: € 12,95, 16,8 x 25,6, pp. 128, col.
Data di pubblicazione: agosto 2013
Nell’ambito della fiction di genere è difficile evitare i cliché e ciò vale specialmente per l’horror. In fondo, dal punto di vista tematico, i concetti sono limitati e gli autori possono al massimo cercare di utilizzarli in maniera personale poiché innovarli è impresa ardua. Tale premessa è doverosa perché Lot 13, miniserie DC proposta da RW-Lion, è in sostanza un fumetto horror che non evita luoghi comuni. A scriverla è Steve Niles, rivelazione degli ultimi anni grazie a 30 Days of Night e che negli Stati Uniti ha trovato un folto gruppo di estimatori.
Ma Niles è sopravvalutato e finora non ha fatto molto per cercare di trovare nuove strade espressive e la dimostrazione è per l’appunto data da Lot 13. Protagonista della storia è una tipica famiglia americana composta da marito, moglie e tre figli. Insomma, qualcosa che sa di già visto almeno un centinaio di volte. Il nucleo familiare si trasferisce in un’altra città e per una serie di circostanze è costretto a passare la notte in un albergo che, come nella migliore tradizione horror, è tetro e poco invitante. E pure in questo caso non ci sono sorprese.
E le sorprese continuano a mancare man mano che si procede nella trama. I diversi componenti della famiglia, infatti, iniziano a subire individualmente strane esperienze. Hanno visioni, percepiscono esseri mostruosi e deformi e presto la situazione diventa sempre più terrificante. L’albergo è infestato da spettri aggressivi? Da demoni? È forse un passaggio dimensionale che conduce in orribili mondi infernali? Oppure si tratta di un luogo che concretizza le paure inconsce dei suoi ospiti? Sia come sia, ogni risposta è risaputa e Niles non ha fatto altro che prendere elementi utilizzati da vari autori per realizzare una story-line piatta e banale.
Le radici del Male descritto da Niles hanno a che fare con eventi efferati avvenuti nel 1670 nella contea di Fairfax, luogo tormentato da una legislazione bigotta e fondamentalista, ma anche in questo caso Niles è convenzionale e non approfondisce il tema del fanatismo religioso che pure sarebbe stato interessante, limitandosi ad utilizzarlo come pretesto e scusa per propinare ai lettori sangue, mutilazioni, cadaveri putrefatti, fluidi corporei in quantità industriale e così via. I testi sono insipidi e l’introspezione psicologica dei personaggi assente. A peggiorare le cose c’è poi, in effetti, la caratterizzazione di questi ultimi, francamente penosa, a cominciare dal padre che da tranquillo capofamiglia si trasforma in una specie di John Wayne o di Rambo tanto da sfiorare il ridicolo.
La sceneggiatura di Lot 13 è priva di contenuto e trash nell’impostazione e magari potrà piacere ai fan del kitsch legato all’horror e solo a loro. Ma chi ha già avuto modo di apprezzare i libri di Stephen King e di Clive Barker, pellicole come Shining o serial televisivi stile American Horror Story non potrà fare altro che sbadigliare e probabilmente rimpiangere il denaro speso.
Nemmeno i disegni contribuiscono a risollevare il livello della miniserie. Glenn Fabry è un ottimo illustratore e non è che faccia un pessimo lavoro. Tuttavia, l’amatissimo copertinista di Hellblazer e di Preacher è più adatto alle illustrazioni da copertina che allo storytelling vero e proprio. In molte pagine di Lot 13 Fabry propone sempre le stesse soluzioni prospettiche e visive, risultando monotono. Le tavole non basate sull’azione adrenalinica hanno un che di statico e mancano di senso cinetico, cosa grave per un comic-book. E quelle contrassegnate da inseguimenti, sangue e mostruosità assortite a conti fatti sono stucchevoli e per giunta nemmeno valorizzate dai colori di Adam Brown, troppo sfocati, che rendono ulteriormente uniforme il fumetto dal punto di vista grafico. Lot 13, perciò, è un’opera mediocre e trascurabile.