Wolverine: L’Immortale – Recensione in anteprima
Pubblicato il 24 Luglio 2013 alle 12:00
Dopo aver ucciso Jean Grey per annientare il potere della Fenice, Logan è perseguitato dal ricordo dell’amata, vive ritirato tra i monti canadesi e rifiuta il nome di Wolverine. Durante una rissa in un bar, viene raggiunto dalla letale combattente Yukio che lo conduce a Tokio dal potente industriale Yashida, malato e in debito di vita con lui. L’anziano afferma di poter liberare Logan dalla maledizione dell’immortalità e di potersene far carico. Privato del suo fattore rigenerante, l’eroe dovrà con affrontare la Yakuza e la mutante Viper affiancato dalla bellissima Mariko.
Wolverine: L’Immortale
Titolo originale: The Wolverine
Genere: Supereroi
Regia: James Mangold
Interpreti: Hugh Jackman, Rila Fukushima, Svetlana Khodchenkova, Will Yun Lee, Tao Okamoto, Hiroyuki Sanada, Brian Tee
Provenienza: USA
Durata: 126 min.
Casa di produzione: 20th Century Fox, Marvel Entertainment, Dune Entertainment, Donners Company
Distribuzione (Italia): 20th Century Fox
Data di uscita: 25 luglio 2013 (Italia), 26 luglio 2013 (USA)
Dopo aver preso parte alla trilogia degli X-Men, essere stato protagonista del deludente X-Men Le Origini: Wolverine ed essere comparso in un divertente cameo in X-Men: L’Inizio, Hugh Jackman torna ad interpretare quello che è probabilmente il personaggio più amato della Marvel dopo Spider-Man. Vagamente tratto dalla celebre miniserie scritta da Chris Claremont, disegnata da Frank Miller ed edita nel 1982, il film è diretto da James Mangold, autore di prove notevoli quali Quando l’amore brucia l’anima, Cop Land e Quel treno per Yuma ed aveva già lavorato con Jackman nella commedia Kate e Leopold.
Pur mantenendo la struttura di un racconto alla 007, citato apertamente nella graphic novel originale, il film pone molto di più l’accento sull’elemento fantascientifico e si regge su un intreccio che non denota grosse sbavature ma è anche privo di idee originali. La storia verte sull’immortalità di Wolverine e si concentra, seppur superficialmente, sui dilemmi interiori del protagonista ma trascura del tutto la filosofia del samurai o, per meglio dire, del ronin che l’eroe-antieroe dovrebbe far sua. Il percorso narrativo finisce così per essere quello risaputo del supereroe che vuol disfarsi dei suoi poteri per poi rendersi di conto di averne bisogno, un po’ come visto in Superman II e in Spider-Man 2.
Lo script difetta anche nella costruzione e nell’utilizzo dei personaggi. La mutante preveggente Yukio, formidabile combattente, diviene assolutamente facoltativa dal momento in cui Wolverine viene affiancato dall’affascinante Mariko, tipica bond-girl. I risvolti sentimentali, oltre ad essere prevedibili, saranno anche poco coinvolgenti emotivamente dal momento che il protagonista sogna solo Jean Grey, di nuovo interpretata da Famke Janssen e che qui compare troppo spesso. La prima e l’ultima apparizione hanno un’utilità narrativa, le altre risultano ridondanti (un po’ come Jor-El ne L’Uomo d’Acciaio).
Kenuichio Harada, amore di gioventù di Mariko, gioca un ruolo ambiguo, serve da specchietto per le allodole e finisce per essere inutile. Curiosamente lo interpreta Will Yun Lee che prestava il volto al maestro Kirigi in Elektra. Tra una serie di cattivi del tutto convenzionali, boss della Yakuza, ninja e politici corrotti, spicca la mutante Viper che ha il corpo sinuoso della russa Svetlana Khodchenkova, abbastanza bidimensionale e priva di approfondimento, comunque funzionale. La vera identità del Silver Samurai, villain finale del film, è intuibile fin dalle prime battute.
Le scene action, prive d’inventiva e dettate da una regia svogliata, alternano i soliti inseguimenti a qualche colpo di arti marziali più una sequenza sul treno che non riesce a rifare il verso a quella finale del Mission: Impossible di De Palma. Gli effetti digitali sono scadenti, il 3D non funziona e alcune trovate sfidano la sospensione dell’incredulità tirando troppo la corda. La scena durante i titoli di coda apre per X-Men – Giorni di un Futuro Passato, prossimo capitolo della saga diretto da Bryan Singer.
E’ un’opera che ha quantomeno il merito di mantenere intatta l’integrità e la dignità del personaggio rispetto agli eccessi comici dei film Marvel Studios o agli equivoci concettuali de L’Uomo d’Acciaio. Non riesce però a porre la giusta enfasi sui momenti potenzialmente epici e sfrutta male l’ambientazione orientale lasciandola troppo sullo sfondo. Un compitino fatto e finito che scade nella mediocrità rivelandosi scontato e noioso.