Shade l’Uomo Cangiante n. 1 – Recensione Lion Comics

Pubblicato il 16 Luglio 2013 alle 16:00

Arriva finalmente in Italia una delle serie fondamentali della Vertigo: Shade The Changing Man, rivisitazione trasgressiva e iconoclasta di un eroe ditkiano che fece conoscere al pubblico americano il folle Peter Milligan! Allacciate le cinture e preparatevi per un incredibile viaggio negli Stati Mentali d’America!

Shade l’Uomo Cangiante n. 1

Autori: Peter Milligan (testi), Chris Bachalo (disegni)

Casa Editrice: RW-Lion

Genere: Supereroi

Provenienza: USA

Prezzo: € 15,95, 16,5 x 25,2, pp.168, col.

Data di pubblicazione: maggio 2013

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Quando Jack Kirby e Steve Ditko lasciarono la Marvel per dissapori con Stan Lee la concorrente DC fu ben lieta di accoglierli: del resto, il Re Jack era un autore celebrato sin dagli anni cinquanta, quindi molto prima della nascita del Marvel Universe, e lo stesso si poteva dire per Ditko. Alla casa editrice di Superman e Batman i due maestri ebbero modo di realizzare autentici gioielli e inventarono character che non avevano nulla da invidiare a quelli marvelliani. Ditko era idolatrato per la sue run dell’Uomo Ragno e del Dr. Strange e dal punto di vista grafico le storie del Maestro delle Arti Mistiche lasciarono il segno poiché Steve realizzò tavole visionarie e psichedeliche che, almeno per gli standard dell’epoca, furono innovative (e influenzarono artisti come Jim Sarlin).

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Ditko ideò tra le altre cose un comic-book intitolato Shade The Changing Man che riproponeva in parte le atmosfere narrative e l’impostazione grafica delle avventure del Dr. Strange. Se però in quest’ultimo caso tutto ruotava intorno all’esoterismo e all’occultismo, Shade era un supereroe inserito in un contesto fantascientifico. Proveniva dal pianeta Meta e tramite uno speciale costume denominato Meta-veste cercava di salvare il nostro mondo dalla follia. L’ispirazione era strana e dopo un iniziale periodo di interesse il mensile chiuse. Nel corso dei decenni Shade apparve di tanto in tanto come ospite in vari albi ma nulla faceva pensare a un suo revival.

Ma nella situazione post-Crisis degli anni ottanta molte cose cambiarono. La DC aveva fatto ripartire dal principio il suo universo e pubblicava comic-book adulti, inventivi e trasgressivi. Uno dei trend era quello di ripresentare personaggi minori affidandoli a sceneggiatori iconoclasti e provocatori, sulla scia dell’esempio che il grande Alan Moore aveva dato con Swamp Thing. Nacquero quindi pietre miliari come Black Orchid e Sandman di Neil Gaiman; Sandman Mystery Theatre di Matt Wagner; Animal Man e Doom Patrol di Grant Morrison. E Shade The Changing Man che riproponeva l’eroe di Steve Ditko sottoposto alla rilettura distorta e visionaria di Peter Milligan.

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Dietro questa operazione, come le altre citate, c’era la grande Karen Berger che diede fiducia a uno scrittore all’epoca sconosciuto che in America aveva solo pubblicato la bizzarra miniserie Skreemer. Ma i risultati le diedero ragione: non solo Shade The Changing Man ottenne notevoli riscontri di critica e pubblico ma nel giro di pochi mesi divenne una delle serie più celebrate, alla pari di Sandman e Animal Man, e successivamente uno dei prodotti di punta della linea Vertigo. Da noi sfortunatamente, con l’eccezione di alcuni episodi pubblicati da Comic Art, Shade è sempre stato un oggetto del desiderio ma ora RW-Lion ha deciso di tradurre finalmente l’intera serie.

Milligan non stravolge Shade, rispettando le caratteristiche originarie di Ditko. Anche in questo caso è un alieno proveniente dal pianeta Meta, inviato dai suoi superiori per difendere la terra dagli attacchi della follia, simboleggiata da un’entità denominata American Scream. Tutto il resto però è differente. Milligan usa il serial come pretesto per denunciare e criticare le storture e le devianze della società americana, un mondo in cui falsi miti di uguaglianza e di pari opportunità condizionano la psiche dell’opinione pubblica. E la psiche dei cittadini americani è contaminata, forse irreparabilmente, dalla malattia. Ad ogni stato americano, infatti, corrisponde una differente patologia mentale e Shade, guidato dagli impulsi della Meta-veste, deve cercare suo malgrado di trovare una cura.

Si incarna quindi in Troy Grenzer, serial killer che ha ucciso i genitori e il ragazzo di Kathy, una bella ragazza alcolizzata che non è riuscita a superare il trauma di queste perdite; e per una serie di circostanze Shade e Kathy sono costretti a una forzata convivenza, vagando per gli Stati Uniti in una specie di allucinante viaggio alla Kerouac che li metterà in contatto con gli aspetti più ributtanti dell’American Way of Life. Per giunta, la meta-veste di Shade consente all’alieno di mutare aspetto ma anche di concretizzare i pensieri contorti delle persone manipolate dall’American Scream. Perciò Shade e Kathy si confronteranno con la piaga del razzismo, con la vergogna della pena capitale, con giornalisti ossessionati dalla morte di JFK, con gli scandali e le perversioni di Hollywood. E queste sono solo le prime incredibili esperienze che dovranno affrontare. A complicare tutto c’è un rappresentante dei servizi segreti che dà la caccia a Shade allo scopo di capire quali sono i motivi della follia che sta distruggendo l’America.

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Milligan scrive sceneggiature veloci e sincopate, con flashback e interruzioni arbitrarie della narrazione che contribuiscono a rendere destabilizzante la serie. Leggere Shade è come farsi un acido e i riferimenti alle droghe, alla controcultura, a Burroughs (specie nei monologhi, a volte costituiti da cut-ups) abbondano. Inoltre, ci sono esasperati cambiamenti di contesti e ambientazioni che si susseguono a un ritmo indiavolato: ecco quindi Shade e Kathy vagare all’interno della mente di un pazzo e assistere a tante versioni alternative dell’uccisione di Kennedy; o finire a Hollywood, prigionieri di una pellicola impazzita che trasforma il mondo reale facendolo diventare un unico grande film che coinvolge attori e gente comune, mettendone in piazza le più intime e vergognose devianze. Citazioni di Yeats e Byron, riferimenti a Kenneth Anger, omaggi all’underground: Shade The Changing Man è tutto questo e altro ancora.

I disegni sono di Chris Bachalo che proprio con le storie dell’alieno di Meta iniziò a farsi conoscere. Tuttavia, pur non facendo un pessimo lavoro, qui è ancora acerbo e convenzionale, con vaghe reminescenze di Michael Golden, e solo la particolare costruzione della tavola sembra anticipare le sue produzioni odierne. In ogni caso, nel corso degli episodi successivi la grafica di Bachalo migliorerà progressivamente. La parte grafica è valorizzata dai colori psichedelici di Daniel Vozzo, appropriati per le situazioni immaginate da Milligan e bisogna segnalare le cover di Brendan McCarthy che contribuirono a catturare l’attenzione dei clienti delle fumetterie con i colori vivaci e l’impostazione pittorica. A mio avviso, Shade The Changing Man è tuttora l’opera che, al pari di Enigma, The Extremist ed X-Statix, sintetizza al meglio l’irriverenza e l’attitudine schizoide di Milligan e non può mancare nella vostra libreria. È importante almeno quanto Sandman di Neil Gaiman o Swamp Thing di Alan Moore. E tanto basti.


Voto: 8 ½

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