Dial H n. 1 – Recensione Lion Comics
Pubblicato il 7 Luglio 2013 alle 10:45
Arriva una delle serie più anti-convenzionali del nuovo universo DC: Dial H! Cos’è il Disco H? Ce lo spiega il visionario China Miéville coadiuvato da Mateus Santolouco, David Lapham e Riccardo Burchielli! Quando follia e supereroi si uniscono in un connubio ben riuscito: il risultato è Dial H!
DC Dark n. 9 – Dial H n. 1
Autori: China Miéville (testi), Mateus Santolouco, David Lapham, Riccardo Burchielli (disegni)
Casa Editrice: RW-Lion
Genere: Supereroi
Provenienza: USA
Prezzo: € 13,95, 16,8 x 25,6, pp. 160, col.
Data di pubblicazione: giugno 2013
Alcuni anni fa uscì Perdido Street Station, un romanzo che era uno strano amalgama di fantasy e fantascienza che ebbe il merito di far conoscere China Miéville, salutato come uno degli autori più visionari e anticonvenzionali del panorama letterario anglosassone. Quando la DC annunciò un comic-book che lo avrebbe visto come sceneggiatore molti ipotizzarono che non si sarebbe trattato di una serie come tante. È così è stato. Peraltro l’editor è la grande Karen Berger, responsabile del successo di pubblico e critica della Vertigo, e di conseguenza Dial H, questo il titolo del comic-book, può essere reputato tutto tranne che banale.
Il concetto di Dial H non è nuovo e risale agli anni sessanta e nel corso dei decenni la DC ha pubblicato diverse serie imperniate sul tema di un quadrante telefonico, il cosiddetto Disco H. Coloro che lo digitano componendo la parola H.E.R.O. si trasformano in supereroi sempre diversi. L’idea è strampalata ma adatta alla fantasia bizzarra di Miéville che ha realizzato un mensile decisamente inclassificabile (che, ahimé, forse proprio per questo non ha ottenuto il favore del pubblico americano).
La vicenda si svolge nella cittadina di Littleville, come nelle versioni precedenti di Dial H, e Miéville ci presenta Nelse, un uomo che si potrebbe considerare uno sfigato. La moglie l’ha lasciato, ha perso il lavoro e la sua salute è precaria. Ha solo un amico, peraltro coinvolto in attività illecite. Ed è appunto l’amico a cambiare radicalmente, benché indirettamente, la vita di Nelse. Costui assiste all’aggressione dell’uomo e decide di chiamare un’ambulanza da una cabina telefonica. Ma dopo aver composto un numero si trasforma in un supereroe e tutto si complica.
Come se non bastasse, entra in gioco Manteau, supereroina in possesso di un quadrante che le consente di ottenere capacità metaumane ogni volta che compone il famigerato numero. Ma chi ha inventato questo manufatto? E quali sono i ruoli di Nelse, Manteau e gli altri allucinanti personaggi presenti nella serie? C’è forse qualcuno che ha ordito un complicato complotto? E se sì, a quale scopo? E perché quando Nelse si trasforma in un giustiziere cambia personalità e ogni identità fittizia che assume è dotata di una propria psicologia? Questi sono solo alcuni dei misteri introdotti da Miéville in una story-line degna di un thriller ad alta tensione.
Miéville in effetti costruisce una trama intrigante, con elementi horror, supereroici, mistico/esoterici (ci sono riferimenti a Crowley e alla Teosofia di Madame Blavatsky) e una struttura narrativa complessa, almeno per gli standard degli albi mainstream e forse sarebbe stato giusto inserire Dial H nella linea Vertigo, più appropriata per l’ispirazione dell’autore. I testi sono ben impostati e i dialoghi ironici e ciò che colpisce di Dial H è l’imprevedibilità delle situazioni e le continue invenzioni. L’opera è pregevole anche per ciò che concerne la parte grafica. A disegnare la maggior parte degli episodi è Mateus Santolouco dallo stile graffiante e dal lay-out inventivo, malgrado a tratti un po’ confusionario.
Ci sono poi due episodi disegnati da penciler di solito non assimilabili ai fumetti generalisti. Il primo è David Lapham che realizza un gioiellino che in alcuni momenti fa pensare a determinate produzioni di area underground e che si dimostra indubbiamente adatto alle situazioni schizoidi descritte da Miéville. E il secondo è l’italiano Riccardo Burchielli, conosciuto in America prevalentemente per DMZ, che illustra una storia ambientata in un contesto arcaico che rimanda alla narrativa fantasy. Insomma, Dial H è una serie da tenere d’occhio che soprattutto si discosta da buona parte della produzione DC del reboot e anche solo per questa ragione dovrebbe stimolare la curiosità dei lettori.