Topolino n. 3000 – Recensione
Pubblicato il 27 Maggio 2013 alle 16:00
Nel 1932 venne assegnato a Walt Disney un Oscar speciale per la creazione di Mickey Mouse, da noi noto come Topolino, protagonista dei celebri cortometraggi animati. Sulla scia di quel trionfo, il Natale successivo, esordì in Italia un settimanale in formato giornale, intitolato al topo più amato al mondo, che raccoglieva le storie a fumetti originali di Floyd Gottfredson insieme ad altre di fattura nostrana. Nel ’35, la pubblicazione passò dalle mani della casa editrice Nerbini alla Mondadori. Dopo il quinquennio di crisi, dovuto alla censura fascista e alla Seconda Guerra Mondiale, Topolino tornò in edicola con il nuovo formato libretto e ripartì dal n. 1. Da allora, da quel lontano aprile 1949, la corsa della testata Disney non si è più fermata.
Autori: Tito Faraci, Giorgio Cavazzano, Francesco Artibani, Corrado Mastantuono, Silvia Ziche e vari
Casa editrice: Disney Mondadori
Genere: Umoristico – Avventura – Fantastico
Paese: Italia
Prezzo: € 2,40
Data di pubblicazione: 22 maggio 2013
Prima di tuffarmi nella recensione di questo storico n. 3000 di Topolino, ho riflettuto a lungo se mantenere il consueto distacco professionale o se lasciarmi coinvolgere a livello più emotivo e personale. Una volta tanto ho optato per il secondo approccio poiché trovo inutile analizzare in maniera estremamente fredda e critica un albo realizzato per celebrare una realtà editoriale che si è intessuta in modo così indissolubile con la storia socioculturale del nostro paese. Spero dunque di non contrariare i lettori se vi racconto in poche battute cos’abbia significato e cosa significhi ancora oggi Topolino per il sottoscritto, italiano tra gli italiani.
Anzitutto il mio nome. Mia madre mi aveva scodellato sul pianeta da poche ore e non sapeva ancora come “intitolarmi”, per parafrasare Verdone. In ospedale aveva con sé una copia di Topolino. In cerca di ispirazione, diede una scorsa ai nomi dei redattori e da lì pescò Stefano. Fortuna che non abbia cercato nel sommario. Sarebbe stato quantomeno imbarazzante chiamarsi Paperoga o Filo Sganga. Battutacce a parte, le origini del mio nome sono state un segno del destino poiché Topolino, e il fumetto più in generale, hanno rivestito un’importanza fondamentale nella mia vita.
Da quando ho memoria, gli albi Disney sono sempre stati presenti nella mia famiglia e, se ogni giorno della settimana può essere legato alla rispettiva piccola abitudine, come il campionato di Serie A la domenica, il mercoledì è sempre stato il giorno dell’uscita di Topolino in edicola. Le storie ambientate a Topolinia e a Paperopoli sono state la prima forma di narrativa nella quale mi sia imbattuto e vedere i miei genitori leggere quei fumetti pieni di personaggi che conoscevo attraverso i cartoni animati mi spinse prestissimo alla lettura, a soli tre anni d’età.
Divenni ingordo. I numeri settimanali o le raccolte che trovavo in giro per casa non mi bastavano. Presi a setacciare gli scatoloni in soffitta pieni di vecchi albi anni ’60 e ’70. Mi appassionavano le storie lunghe, a puntate. Storia e Gloria della Dinastia dei Paperi, scritta da Guido Martina per i disegni di Giovan Battista Carpi e Romano Scarpa, divenne presto la mia preferita e la considero ancora oggi una delle vette della narrativa disneyana tricolore. La saga di otto episodi, raccolta poi in volume, racconta le vicissitudini degli antenati di Paperone e famiglia, dall’antico Egitto all’epoca moderna, assolutamente da recuperare per chi non l’avesse letta.
Genere da sempre fondamentale sulle pagine di Topolino è la parodia, dai grandi classici della letteratura ai film cult. Solo per citarne alcune mi vengono in mente perle come L’Inferno di Topolino e il successivo L’Inferno di Paperino, Topolino e la Guarnigione Segreta, parodia di Star Wars, Paperino e l’avventura in Transilvania, La Banda Bassotti e la Notte dai PaperAddams, La Tragica Avventura di Paperon de Paperozzi, Paperino & Paperoga Ghostbusters, I Dolci Segreti di Twin Pipps, Dick Pipp, I Racconti di Edgar Allan Top e tante altre ancora, una più spassosa dell’altra.
Dalla parodia nascono tra l’altro SuperPippo, creato in USA, e Paperinik, ideato da Elisa Penna e dai sopracitati Martina e Carpi, due personaggi che hanno gettato le basi della mia passione per i supereroi. Nonostante l’arrivo, nell’88, del pur gradito Indiana Pipps, realizzato da Bruno Sarda e Maria Luisa Uggetti, la più bella parodia di Indiana Jones resta Paperinik e l’Arca Dimenticata seguita da Paperinik e il Tempio Indiano.
Tra le avventure di Topolino e Pippo ho iniziato ad amare le detective stories solo crescendo mentre ho nutrito fin da subito una vera passione per i racconti avventurosi e fantasy. In tal senso, la trilogia della Spada di Ghiaccio è ritenuta da molti, e a ragione, il capolavoro assoluto, narrativo e grafico, di Massimo De Vita. E lasciatemi ricordare quei gioielli di metanarrativa che sono le avventure di Topolino e Pippo con lo stralunato ma simpaticissimo coniglio Pacuvio, creato da Fabio Michelini e Luciano Gatto, capace di creare interi mondi col suo pennello e di passare da una vignetta all’altra sfondandone letteralmente i bordi.
Appropriate per creare la giusta atmosfera le storie stagionali, a cominciare da quelle natalizie, con le tavole che abbondano di neve e le vignette contornate da addobbi. Ricordiamo che Paperon de’Paperoni, il cui nome originale è Scrooge, nasce proprio dalla parodia animata de Il Canto di Natale di Dickens. Alla vigilia dei grandi eventi sportivi mi piace rileggere Paperino ai Mondiali di Calcio e la saga a puntate delle Paperolimpiadi, entrambe scritte e disegnate da Romano Scarpa. Due capolavori addirittura epici.
A tredici anni, qualche mese dopo essere stato a Disneyland ed aver stretto la mano ad un Topolino più alto e taciturno di quanto mi aspettassi, arrivò nelle edicole il n. 2000. Leggendolo mi chiesi dove e come sarei stato quando sarebbe uscito il 3000. Sono passati vent’anni. Tribolati. Difficili. Anche dolorosi. Alcune esperienze mi hanno forse fatto maturare ed indurire più velocemente del dovuto. Ma ogni mercoledì, ogni singolo mercoledì di questi vent’anni, Topolino è sempre stato lì a consolarmi, rallegrarmi e distrarmi. Soprattutto era lì a fare appello al mio fanciullino interiore chiedendogli di non lasciare che il cinismo dell’età adulta prendesse il sopravvento. Mi è capitato talvolta di incontrare glaciali robot asessuati in veste di politici, avvocati o burocrati e mi son detto: “Questo qui non ha mai letto una storia di Topolino.”
Beh, ce l’abbiamo fatta. Io, Topolino, Pippo, Paperino e tutti gli altri insieme. E’ arrivato il n. 3000 e sono qui a leggerlo. Ancora con lo stesso immutato affetto e con il fanciullino un po’ ammaccato ma ancora in forma. Una tappa che permette di fare una sosta e di dare un’occhiata al passato e di guardare al futuro che ci aspetta. Proprio come succede in molte delle storie di questo numero celebrativo andato esaurito in poche ore. Eta Beta, proveniente dal 2447, è presente in ben due storie. Prima porta a Topolino un regalo fantatecnologico che lo metterà nei guai e poi, insieme a Zapotec e Marlin, inventori appunto della macchina del tempo, tenta di completare una collezione a fumetti. Viene qui ricordato come il n. 1370 di Topolino non sia mai uscito a causa di uno sciopero.
Anche Archimede si trova a visitare velocemente le epoche recenti fino al futuro remoto alle prese con un “cacciatore di passato”. Paperino Paperotto entra invece in contatto con qualcuno dal futuro attraverso una radiotrasmittente e l’epilogo è davvero emozionante. Poi ci sono storie di Indiana Pipps, Paperinik, Nonna Papera, la rimpatriata di tutti i Bassotti del mondo, Brigitta, la classica avventura di Paperone e Paperino in cerca di tesori, Gambadilegno a caccia del primo numero del giornalino che leggeva da piccolo e altre ancora. Non starò qui a recensirle ad una ad una perché si tratta dei tasselli di un unico grande mosaico celebrativo, scritte con passione e un pizzico di nostalgia.
Ogni storia è sottolineata dagli auguri di celebrità del mondo dello sport e dello spettacolo e addetti ai lavori ed è introdotta da una presentazione a tema che ricorda i moltissimi personaggi, più o meno noti, comparsi nel corso degli anni sulla testata. Presenti inoltre decine di disegni, schizzi e tavole dai tanti artisti Disney. Ne cito solo uno che mette d’accordo tutti e che racchiude in sé questi ultimi 46 anni di storia editoriale: Giorgio Cavazzano. Non un maestro. “Il” Maestro. Per l’occasione è stato apportato anche il restyling al sito ufficiale della testata sul quale è possibile completare un gioco per vedere la tavola d’epilogo della storia di Silvia Ziche presente nell’albo.
Il successo di Topolino affonda le radici nell’universo disneyano creato negli Stati Uniti e che gli artisti italiani hanno adottato e arricchito come nessun altro al mondo è riuscito a fare in ambito fumettistico. Fare gli auguri, i complimenti o porgere i ringraziamenti a sceneggiatori, disegnatori e redattori è addirittura insignificante di fronte al traguardo raggiunto. Nello spirito dell’ottimismo disneyano, l’augurio lo faccio a me e a tutti noi lettori di Topolino, l’augurio di essere ancora qui, tra vent’anni, dopo aver superato i tempi bui che stiamo vivendo e altri ancora che verranno, ancora qui a leggere il n. 4000 senza sentirci in imbarazzo per aver conservato, nonostante tutto, il senso di meraviglia della nostra infanzia.