La Quinta Camera di Natsume Ono (J-POP) – Recensione
Pubblicato il 13 Settembre 2011 alle 17:00
Debutta in Italia la raffinata autrice di Ristorante Paradiso e House of Five Leaves con una bella raccolta di storie di tenera quotidianità, ambientate in una cittadina del nostro Bel Paese.
La Quinta Camera
Autori: Natsume Ono (sceneggiatura e disegni)
Casa editrice: J-POP
Provenienza: Giappone, 2003-2004
Prezzo: € 6,50, 12×18, 192 pp., b/n
Devo confessarvi che quando lessi l’annuncio della prossima pubblicazione italiana di un’opera di Natsume Ono sono rimasto piuttosto stupito: a giudicare da come va il nostro mercato, infatti, l’autrice, che molti conoscono grazie alle riduzioni animate dei suoi Ristorante Paradiso e Saraiya Goyou/House of Five Leaves, sembrava rientrare in quella schiera di mangaka la cui pubblicazione italiana è considerata ben più di un rischio editoriale per via di un ritmo di narrazione e soprattutto di uno stile di disegno abbastanza lontano da quelli che sembrano essere i gusti della maggioranza dei lettori.
Allo stupore si è tuttavia accompagnata la contentezza di vedere finalmente pubblicata in italiano un’autrice che sto seguendo attraverso le edizioni americane dei suoi lavori e che apprezzo per le sue qualità.
Se poi si considera che l’esordio italiano si è concretizzato con un’opera che non ha il diretto richiamo degli anime citati e che ha rappresentato l’esordio dell’autrice in patria, i complimenti alla J-POP vanno sicuramente raddoppiati per la scelta coraggiosa.
La Quinta Camera nasce nel 2003 come fumetto per il web e si compone di una serie di storie il cui filo conduttore è rappresentato proprio dalla camera citata nel titolo: in una cittadina italiana, il cui nome non viene citato ma che diversi riferimenti fanno pensare a una tra Modena e Bologna, vi è un appartamento abitato da quattro amici, quattro maschi adulti, che affittano la quinta camera della casa principalmente a degli studenti stranieri giunti nel nostro Paese per frequentare una scuola in cui imparare la lingua italiana.
A ciascuno di essi è quindi dedicato un capitolo, salvo la prima studentessa che incontriamo che diventa co-protagonista anche dei racconti successivi, al pari dei quattro padroni di casa: in ogni episodio vediamo l’impatto degli studenti in una città a loro sconosciuta, con tutte le difficoltà che comporta ambientarsi in un paese straniero, e di come le loro vite si intrecceranno con quelle dei loro compagni di appartamento, ognuno con la propria storia e il proprio bagaglio di esperienze alle spalle.
Gli studenti stranieri si troveranno a convivere con Massimo, il proprietario dell’appartamento che gestisce un bar insieme alla compagna; con Cele, eccentrico e a prima vista burbero fumettista; con Al, camionista divorziato dal fascino trasandato; e con Luca, il quale dopo aver terminato i turni della pulizia delle scale ama esibirsi in strada suonando vari strumenti musicali.
Personaggi ed episodi all’insegna del quotidiano, quadretti di vita di tutti i giorni, in cui è facile immedesimarsi: penso per esempio a quanti si siano trasferiti dalla propria città per frequentare l’Università, per lavoro o per inseguire un sogno, o anche alla sensazione di stupita ammirazione che si prova quando si visita, anche solo per una breve vacanza, un paese straniero e si rimane conquistati dal calore umano della gente del posto.
E proprio quest’ultimo è il punto di vista che adotta l’autrice, la quale, avendo vissuto nel 2001 per quasi un anno in Italia, mette del suo nella storia che racconta, facendo trasparire più che esplicitamente e genuinamente la fascinazione per il nostro paese, di cui, specialmente attraverso il personaggio giapponese di Akio (uno degli studenti che affittano la quinta camera) mette in luce alcune differenze nello stile di vita e nelle tradizioni (come le festività natalizie o il cibo) che intercorrono tra il suo e il nostro paese; un aspetto che può farci sorridere, ma che ha senso dal punto di vista del pubblico giapponese cui era destinata l’opera e che resta comunque interessante per capire come siamo visti da una giovane donna proveniente da tanto lontano, nonostante la visione che emerge sia forse un po’ idealizzata e figlia di (comprensibile) entusiasmo.
C’è spazio anche per il sentimento amoroso, tra innamoramenti, delusioni, ex che non si riescono a dimenticare e matrimoni, raccontato con delicatezza, sana semplicità e un pizzico di ironia — all’insegna, ancora una volta, quindi, della quotidianità.
Emozionante il finale, in cui la Ono riesce a intrecciare le vite dei protagonisti in un malinconico epilogo comune.
Dal punto di vista grafico ci troviamo di fronte a uno stile che seppur ancora acerbo presenta quei tratti che hanno reso inconfondibile la mangaka: tavole dall’elegante e ordinata composizione, sfondi generalmente essenziali e tuttavia caratterizzanti, forti contrasti tra bianco e nero in cui la linea fina si incontra con pennellate più cariche, e soprattutto i volti, caratterizzati da occhi grandi e profondi — probabilmente il tratto più distintivo del suo stile.
A differenza delle opere successive, in cui i personaggi appaiono slanciati e longilinei in una ricerca del “bello“, qui l’autrice opta per proporzioni più caricaturali che non minano l‘espressività dei volti ma che anzi la esaltano.
E proprio questo stile particolare potrebbe costituire un ostacolo per tanti lettori di manga, cui però consiglio di concedere una possibilità a questa autrice, la quale con questa raccolta di semplici storie riesce senza sforzo a far breccia nel cuore di chi legge e riscaldarlo con il calore umano della familiarità che emanano.