Una Vita Cinese, il primo volume di una straordinaria trilogia [Recensione]
Pubblicato il 12 Novembre 2016 alle 11:25
Arriva il primo volume di una straordinaria trilogia disegnata da uno dei più grandi illustratori cinesi contemporanei: Li Kunwu! Con l’ausilio di P. Otié ai testi, Li Kunwu ci narra la sua vita nel contesto drammatico della Cina maoista!
Il fumetto, grazie alla sua immediatezza, è un mezzo espressivo che ben si presta alla narrazione degli eventi storici. Lo dimostra, per esempio, la collana Historica di Mondadori Comics dedicata proprio a tematiche di tipo storico. ADD Editore pubblica ora un’opera di grande valore che rientra a pieno titolo nel discorso poiché tratta appunto di fatti storici.
Nello stesso tempo, però, è una straordinaria autobiografia. Il percorso umano ed esistenziale di Li Kunwu, uno dei più grandi illustratori cinesi contemporanei, va di pari passo con quello della Cina maoista, sfondo della trama.
Li Kunwu ha disegnato il volume, il primo di una trilogia, scrivendone i testi con l’ausilio del francese P. Otié. Il risultato è Une Vie Chinoise, capolavoro che ha ottenuto numerosi premi, una doppia nomination agli Eisner Award, una segnalazione al Festival Internazionale del Fumetto di Angouleme e che ha suscitato un entusiasmo pressoché unanime da parte di critici e lettori.
Entusiasmo più che meritato, considerando che è un lavoro che ha la profondità di un romanzo e che tramite la figura di Lin Kunwu fornisce informazioni dettagliate della vita cinese durante il lungo periodo maoista.
C’è però un altro importante aspetto. Il sottotitolo del volume è Il Tempo del Padre e il concetto del padre è fondamentale. Lin Kunwu inizia il suo lavoro con un prologo incentrato proprio su suo padre, un importante segretario di partito che ha il compito di indottrinare le popolazioni contadine.
Crede fermamente in Mao e nella sua rivoluzione e non si pone dubbi di tipo ideologico. Ma poi l’autore si concentra sulla sua infanzia e, almeno in principio, sul rapporto che lo lega ai genitori e alla sorellina.
I dettagli sono raccontati con dovizia di particolari ma si intuisce che qualcosa non funziona nell’utopia vagheggiata da Mao e sostenuta dai suoi seguaci.
La propaganda maoista impone l’idea di una Cina potente, caratterizzata dall’abbondanza. Tuttavia, la povertà della popolazione è evidente così come sono evidenti i lunghi, dolorosi periodi di carestia. Persino il padre di Lin Kunwu sembra tormentato dai dubbi, prendendo atto della situazione. E man mano che la narrazione procede, le cose si fanno sempre più drammatiche.
Crescendo, Lin si confronta con la figura paterna e con quella di Mao. Il primo è il suo padre biologico; il secondo è il padre di un’intera nazione. Un padre severo, temuto e irraggiungibile. Una figura mitica che, grazie all’operato dei suoi adepti, plasma e condiziona i pensieri dei cinesi.
Ecco quindi che tutti, a cominciare da Lin, si oppongono a ciò che va contro la mentalità maoista, ripetono meccanicamente le affermazioni del Libro Rosso, senza comprenderle davvero, ed etichettano coloro che considerano nemici come ‘vecchi feudatari’, ‘capitalisti’, ‘decadenti’ e così via.
Lin Kunwu denuncia l’orrore del maoismo che distrugge il libero pensiero, iniziando proprio dai bambini che divengono vittime e nello stesso tempo carnefici. E’ palese nell’agghiacciante sequenza in cui il protagonista distrugge vecchie statue e antiche illustrazioni poiché retaggio di un passato incompatibile con il presente; o in quella relativa agli insegnanti umiliati dagli alunni, membri della gioventù maoista, sottoposti a vergognose sedute di autocritica.
Questo incubo non risparmia nemmeno il padre di Lin che, malgrado la sua fedeltà, viene mandato al confino, reo di essere discendente di un proprietario terriero.
L’autore trascura la storia della Cina ma non dimentica di narrare la sua avventura personale. Descrive il suo comportamento intransigente, suggestionato dalla retorica del potere, le sue idiosincrasie; ma pure le proprie fragilità interiori, gli stupori, l’affetto incondizionato che prova per i genitori e la piccola Xiaoqun, suo primo grande amore, rievocato in maniera poetica e quasi proustiana.
i testi di Kunwu e Otié sono intensi e delicati, mai verbosi, e impreziositi da una grazia espressiva encomiabile. Ma il volume è pregevole altresì per l’aspetto grafico e, da questo punto di vista, non si può negare che Kunwu abbia svolto un lavoro straordinario.
Le pagine in cui, da bambino, scopre il fascino del disegno sono cruciali. La fascinazione nei confronti dell’illustrazione è infatti percepibile in ogni tavola. Bisogna tenere presente che Kunwu è stato per anni un cartoonist di propaganda e l’influenza di questo genere illustrativo è innegabile.
Tuttavia, ha compiuto un’operazione particolare e in un certo qual modo provocatoria. Il tratto non è realistico; tutti i personaggi hanno un certo non so che di caricaturale, pur non essendo eccessivamente grotteschi. Questa tendenza è accentuata nei funzionari di partito, nei burocrati e in coloro che in un modo o nell’altro rappresentano il potere.
Invece, il padre e la madre di Lin o i compagni di scuola risultano meno estremizzati. Ciò non toglie che in altre pagine lo stile dei manifesti propagandistici emerga in tutta la sua potenza espressiva. Basti pensare alla vignetta enorme che raffigura il ritratto di Lei Feng, carismatico eroe della propaganda di regime, o alle rappresentazioni dello stesso Mao.
In alcune sequenze, inoltre, l’autore si diverte a inserire simboli o figure metaforiche che conferiscono un tocco surreale e onirico alla story-line. Usa il pennello collegandosi alla tradizionale arte figurativa cinese, filtrata da un’attitudine caricaturale.
Il libro è quindi vario e imprevedibile dal punto di vista visivo, valorizzato da chiaroscuri di grande valenza suggestiva.
In poche parole, come ho scritto all’inizio della recensione, Una Vita Cinese è un capolavoro. Se avete perciò voglia di leggere qualcosa di diverso dai soliti supereroi, questa è la proposta editoriale che fa per voi.