Il Mio Vicino Totoro ovvero la possibilità di sognare – Recensione
Pubblicato il 11 Dicembre 2015 alle 11:20
In occasione dell’uscita al cinema, vi proponiamo la nostra recensione de Il mio vicino Totoro
Esistono nella storia del cinema alcuni film che non possono essere valutati in base ai soliti, semplici parametri. Questo perché sono capaci di offrire qualcosa in più, un’esperienza collegata a ricordi e momenti della nostra vita che ritornano alla mente grazie alla semplice visione di un’opera cinematografica.
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Si tratta di film che spesso rivediamo più volte, magari anche a distanza di anni, e che riescono a raccontarci sempre qualcosa di diverso, crescendo insieme a noi. “Il mio vicino Totoro” rientra senza ombra di dubbio in questa categoria, circondato da un’atmosfera magica che Hayao Miyazaki è riuscito ad infondere in tutti i suoi film.
Uscito per la prima volta nel 1988 in Giappone, “Il mio vicino Totoro” torna nelle sale italiane il 12 e 13 dicembre, in occasione del 30esimo anniversario dello Studio Ghibli. Secondo film realizzato da Miyazaki dopo aver fondato lo Studio insieme ad Isao Takahata, ed uscito due anni più tardi rispetto a Laputa: Castello nel cielo (Nausicaa della Valle del Vento risale infatti ad un anno prima della fondazione) narra le avventure di due sorelline, Satsuki e Mei che insieme al padre si trasferiscono in campagna in modo da essere più vicine all’ospedale dove si trova la loro madre, che si intuisce malata da tempo.
E’ questo l’incipit della storia che cala fin dalle prime scene lo spettatore in scenari bucolici e campestri, ennesima testimonianza dell’amore e dell’attenzione di Hayao Miyazaki verso la natura. Nella loro nuova abitazione le due bambine si troveranno a fare degli strani incontri con gli abitanti della foresta che circonda la loro casa, dai piccoli nerini del buio che abitano le dimore abbandonate al simpatico Gattobus ed infine a Totoro, il custode della foresta, un amichevole e buffo animale che fa scoprire loro tutte le meraviglie della natura che le circonda.
Ed è proprio il tema della scoperta ad essere fondamentale all’interno del film. Tuttavia durante tutta la durata della pellicola si percepisce un chiaro monito, un invito indirizzato a tutti coloro che vedono “Il mio vicino Totoro”. Agli spettatori infatti non è dato sapere se i due mondi che si incontrano nel film siano in contrasto tra di loro, se siano due entità differenti o più semplicemente due facce della stessa medaglia.
Non si può sapere dove finisca la realtà e dove inizi la fantasia, dove parta il sogno delle protagoniste. Non è nemmeno dato sapere se si tratti davvero di un sogno e se esista una distinzione tra l’apparenza che ci si presenta davanti e ciò che invece la ragione ci suggerisce. Ed il monito del film è proprio questo; il mondo di Totoro, il mondo di una natura amica, ritornata allo splendore di un tempo, ci attende solo se decidiamo di credere. Non esiste nessun criterio di selezione o di merito, basta crederci.
Questa capacità è ciò che differenzia Satsuki e Mei dagli altri essere umani, la possibilità anche in quanto bambine, di scoprire un mondo, quello della Natura, che si cela agli occhi dell’umanità semplicemente per poter sopravvivere.
Totoro, il Gattobus, i nerini del buio, abitano tutti un ambiente da cui però l’uomo si è colpevolmente allontanato da molto tempo, recidendo i legami che aveva con esso. La continua voglia di ignorare i propri errori, quando basterebbe invece semplicemente voltarsi indietro verso quella che era la normalità, condanna l’intera umanità alla non conoscenza di una realtà in cui riappacificarsi con la Natura.
Una Natura che viene poi raccontata e descritta con tavole stupende, tutte disegnate a mano con qualità altissima. La realizzazione tecnica è innegabilmente eccelsa, fosse solo per la difficoltà nella rappresentazione del mondo ideato da Miyazaki.
Particolarmente sorprendente il lavoro svolto nella realizzazione dei fondali, che sembrano quasi prendere vita a ogni scena.La colonna sonora del film è anch’essa emozionante, curata come poi molti altri film dello Studio Ghibli dal maestro Joe Hisaishi e diventata poi così famosa che la canzone Tonari no Totoro ha girato il mondo ed in Giappone viene insegnata nelle scuole.
Ad un’analisi approfondita è troppo semplicistico catalogare “Il mio vicino Totoro” come un semplice film di animazione per bambini. Si tratta invece di un passo in avanti di Miyazaki e dello Studio Ghibli nel portare su schermo dei contenuti che potessero far riflettere la popolazione giapponese (e più in generale quella mondiale) sui vari problemi che invece tentava di nascondere.
Con questo film Miyazaki riesce però anche ad allargare il pubblico a cui poteva essere destinata l’opera, a differenza di quanto accaduto con Nausicaa della Valle del Vento. D’altronde bisogna anche tenere a mente che il personaggio di Totoro è stato poi utilizzato dallo Studio come mascotte ufficiale, diventando poi famoso non solo in Giappone ma in tutto il mondo a dimostrazione del successo di un film che pur non avendo sbancato il botteghino è semplicemente impossibile ignorare.
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Seppure “Il mio vicino Totoro” non raggiunga la bellezza di produzioni come magari “La città incantata” o “Il castello errante di Howl” si tratta comunque di uno dei film più importanti per l’evoluzione dello Studio Ghibli, una pietra fondamentale anche per la produzione di film seguenti quali “Principessa Mononoke”.
E’ difficile definire sia in poche righe che in lunghi manoscritti ciò che la visione di quest’opera lascia a chi la guarda, un po’ perché restano impressioni soggettive fortemente condizionate dal vissuto del singolo, un po’ perché si perderebbe molta di quella che è la potenza del mezzo scelto da Miyazaki.
L’unione poetica di più aspetti artistici, dalla realizzazione delle tavole alla colonna sonora riesce a creare non sullo schermo ma proprio nella mente dello spettatore delle immagini così evocative da rimanere impresse nella memoria per lungo tempo.
Probabilmente è questo che molti di noi cercano guardando uno dei film dello Studio Ghibli, la possibilità di staccare per un attimo quella parte troppo razionale della nostra mente che ci impedisce di apprezzare fino in fondo meraviglie come questa.