Rughe – le Ali – La recensione del capolavoro di Paco Roca
Pubblicato il 16 Luglio 2013 alle 11:00
Tunuè inaugura la nuova collana economica Le Ali con Rughe, capolavoro intimista del grande Paco Roca! Seguite le malinconiche vicissitudini dell’anziano Emilio alle prese con il morbo di Alzheimer nella triste cornice di una casa di riposo. Quando poesia, delicatezza e sensibilità si uniscono in un connubio ben riuscito!
Rughe – collana le Ali
Autore: Paco Roca (testi e disegni)
Casa Editrice: Tunué
Genere: Intimista
Provenienza: Spagna
Prezzo: € 7,90, 15 x 21, pp. 96, col.
Data di pubblicazione: aprile 2013
Di solito evitiamo di pensare alla vecchiaia. La cancelliamo. La teniamo ai margini. La ignoriamo forse perché inconsciamente ci spaventa; ma è un atteggiamento naturale, specialmente durante la giovinezza. Non badiamo ai vecchi, anche se ognuno di noi ha avuto a che fare con persone anziane, siano esse nonni o genitori. Va da sé che esistono, per fortuna, situazioni in cui gli anziani vivono con figli e nipoti in armonia. Ma esistono contesti in cui ci si sbarazza dei vecchi e li si rimuove dalla propria vita. È pur vero però che se un anziano ha seri problemi di salute non è facile prendersene cura. Tuttavia, lo ripeto, siamo portati a respingere l’idea della vecchiaia.
E perché tale idea viene respinta? Perché la vecchiaia rappresenta sì la saggezza, la memoria, l’esperienza; ma è foriera di malesseri fisici e spesso emotivi. In una scena del film di David Lynch ‘Una Storia Vera’, un ragazzo chiede al protagonista: ‘Qual è la cosa peggiore della vecchiaia?’, e questi risponde: ‘Ricordare quando si era giovani’. Ed Emilio, il protagonista di Rughe, graphic novel di Paco Roca che inaugura la collana Le Ali di Tunuè, rammenta bene il passato e la giovinezza. Ha avuto una bella vita. È stato uno stimato funzionario di banca e vive con il figlio e la nuora. Ma accade qualcosa che lo fa finire in un ospizio. Non si tratta di un ospizio qualsiasi, comunque, poiché il personale è abituato a trattare situazioni difficili.
Quella di Emilio lo è di sicuro poiché soffre del morbo di Alzhaimer. La memoria va e viene e in certi momenti non riesce a distinguere il vero dal falso, la realtà dalla fantasia. E Paco Roca descrive con maestria la continua fluttuazione tra i diversi stati mentali che lo condizionano. La storia si apre con Emilio, autorevole e sicuro di sé, che riceve due persone nel suo ufficio. Ma è un’illusione e nell’arco di poche pagine Roca ci mostra la cruda verità: Emilio è a cena con il figlio; è nella casa di quest’ultimo e in preda alla confusione gli ha gettato un piatto di minestra in faccia.
Esasperato, costui lo manda all’ospizio, naturalmente scegliendo una stanza economica (la cura degli anziani è un business) e chiarisce subito che, dati i suoi impegni, potrà venire di rado a trovare il padre. Non lo vedremo più e Roca si concentra sulla descrizione del mondo che ormai fa parte della vita di Emilio. Lui sta male, certo, ma gli altri ospiti non si trovano in condizioni migliori. Per esempio, un ex annunciatore radiofonico ripete sempre le stesse parole, avendo irrimediabilmente perduto il senno; una donna non riconosce più il marito che ogni sera va a trovarla e crede che il legittimo consorte sia un altro paziente della clinica; un’altra ancora è ossessionata dagli alieni. Ma nulla regge il confronto della disperazione che tormenta i malati considerati irrecuperabili, relegati in un’ala speciale della casa di riposo.
Roca descrive l’ultima stagione dell’esistenza umana con poesia e delicatezza, senza cadere nel patetismo fine a se stesso (e il rischio c’era, considerata la tematica affrontata), con dialoghi semplici e profondi. Ottimamente riuscita è la caratterizzazione di Emilio, specialmente nel momento in cui prende coscienza del fatto che ha l’Alzhaimer. Nel microcosmo descritto dall’autore c’è una contrapposizione tra prigionia (rappresentata dall’ospizio e dai vincoli e dalle limitazioni della vecchiaia) e libertà.
Gli ospiti, e non solo Emilio, la desiderano ed è evidente nella divertente sequenza in cui alcuni di loro riescono a fuggire e a prendere una macchina con esiti tragicomici (cosa che mi ha fatto pensare, facendo le debite proporzioni, al film ‘Qualcuno Volò Sul Nido del Cuculo’). Anche la fantasia, il sogno e il ricordo rappresentano una via di fuga: una vecchia ricorda con nostalgia il primo incontro con l’uomo che diventerà suo marito; un vecchietto apparentemente innocuo cerca di distrarsi con le grazie di una bella infermiera e così via. Insomma, ogni pretesto è buono per evadere con la mente e non pensare alla desolante condizione della vecchiaia. E l’immagine che meglio sintetizza la voglia di fuggire è simboleggiata da un treno, evocato da una paziente convinta di trovarsi al suo interno.
Alla semplicità e alla profondità dei testi si affianca un disegno fluido, elegante, non realistico ma neanche compromesso da eccessi cartoon e l’aspetto grafico contribuisce a valorizzare ulteriormente quello che è considerato all’unanimità uno dei migliori lavori di Paco Roca. Rughe è un’opera che ci spinge a riflettere e che ci mette in contatto con quell’elemento, la vecchiaia, appunto, che tendiamo troppo facilmente a trascurare e magari a denigrare.